Recensioni in rete: gli italiani si fidano? Sì, ma non “ciecamente”

Gli italiani si fidano delle recensioni di ristoranti, locali, case vacanza o prodotti e servizi che trovano sul web? Ni. Cioè, si ma in generale  prevalere è la diffidenza.

Se prima dell’avvento di internet e dell’e-commerce le recensioni avevano un peso marginale nelle scelte di acquisto, negli ultimi anni hanno acquisito un ruolo cruciale. Secondo un sondaggio di SWG, un italiano ogni 5 le consulta abitualmente prima di effettuare una vasta tipologia di acquisti, e uno su 2, in pratica la metà, si affida alle recensioni soprattutto nel caso di acquisti di prodotti tecnologici, prenotazioni di alberghi o scelta dei ristoranti.

Ci si fida più di quelle pubblicate sulle grandi piattaforme che sui siti dei rivenditori

Insomma, la fiducia attribuita alle recensioni è ampia, ma non cieca, ed è decisamente maggiore tra le donne.
Ci si fida soprattutto di ciò che si legge sulle grandi piattaforme, meno dei siti aziendali dei rivenditori e dei blog tematici. Le piattaforme verso le quali si ha maggiore fiducia sono Amazon e Google, seguite a brevissima distanza da Booking e Tripadvisor.

Tuttavia, la diffidenza sulla veridicità delle recensioni è piuttosto diffusa. Gli italiani sono consapevoli del fatto che in rete si trovano molte valutazioni false.

Recensioni fake: fatte più per interesse che per rabbia

Sono solo 2 intervistati ogni 5 a reputare le recensioni online generalmente vere, contro poco meno di 1 su 10 che le ritiene generalmente false. Inoltre, 3 italiani su 5 sono dubbiosi sulla loro veridicità.

Quanto alle recensioni fake, dai risultati del sondaggio emerge che vengono fatte più per interesse che per rabbia. Il 46% degli intervistati pensa infatti che siano opera di qualcuno pagato apposta, il 30% gli stessi titolari dell’attività, il 29% la concorrenza, il 26% ex impiegati o ex clienti, il 23% utenti falsi o bot.

Quasi un italiano su quattro le fa per lamentarsi

A lasciare personalmente recensioni sono complessivamente circa tre quarti degli italiani. 
Non si tratta però di un gesto abituale (solo il 15% lo fa abitualmente), ma di una scelta che nasce soprattutto dopo un’esperienza particolarmente soddisfacente (18%) o particolarmente deludente (23%). In pratica, 3 italiani su 4 lasciano almeno occasionalmente recensioni, in maggioranza se soddisfatti, ma quasi 1 italiano su 4 lo fa per lamentarsi.

Un ulteriore 24% (32% tra gli over 55), invece, non lascia mai recensioni, si legge su Affari Italiani.
Se poi è normale guardare le recensioni per le categorie merceologiche di tecnologia, alberghi e ristorazione, negli altri ambiti si sfruttano soprattutto per occasioni particolari.

Shopping: torna il negozio, e-commerce delle insegne fisiche a -3,8%

La ricerca Migliore Insegna 2024, promossa da Largo Consumo e Ipsos, ha come obiettivo quello di misurare la qualità della relazione tra clienti e 124 insegne, in particolare, riguardo a offerta, punto vendita, servizio, personale, elementi di identità di insegna (esperienze personalizzate, programma fedeltà, ESG) e forze della relazione (CX Forces di Ipsos).
La quarta edizione della ricerca conferma l’importanza crescente dell’identità di insegna nelle strategie dei Retailer, nonché il ritorno alla centralità del punto vendita.

Si sta infatti raffreddando l’entusiasmo per gli acquisti e-commerce delle insegne fisiche, mentre migliorano leggermente le insegne 100% digitali.

Viva lo store fisico!

L’esperienza digitale rimane positiva, anche se l’acquisto online non è semplice per tutti, soprattutto quando si parla di spesa alimentare. I consumatori giudicano in modo positivo elementi come facilità di utilizzo e facilità di acquisto, mentre sono meno soddisfatti dei servizio post vendita.
Lo store fisico torna quindi al centro delle scelte dei consumatori, tanto che l’indice di advocacy in un anno è cresciuto del 2,5%.

Proprio in tal senso rispetto al 2023 si registra un calo di quasi il -1% dell’e-commerce delle insegne fisiche e del -3,8% sul 2022.
Il calo maggiore riguarda il settore alimentare e grocery, che scende del -2.9% in un anno. 

Diminuisce la soddisfazione funzionale dell’esperienza di acquisto

L’unicità dell’insegna e la sua capacità di creare un legame emotivo con i clienti diventa un elemento chiave per garantire differenziazione e aumentare la forza dell’insegna.

Un trend a sorpresa riguarda invece i giudizi sugli aspetti funzionali dell’esperienza di acquisto. Assortimento e qualità dei prodotti, da sempre i punti di forza della distribuzione italiana, segnano un lento costante calo e non sono mai stati così bassi dal 2021.
Nel dettaglio, i giudizi medi sull’identità di insegna sono cresciuti costantemente, aumentando del 6% dal 2021 a oggi, mentre la soddisfazione funzionale (prezzi, promozioni, qualità prodotti, assortimento, assistenza all’acquisto, aspetto dei negozi) dal 2021 a oggi è diminuita dell’1,6%.

Creare una connessione emotiva con i propri clienti

I clienti sono soddisfatti dei negozi che riconoscono essere accessibili, con comodi parcheggi e con un buon assortimento. Gli aspetti meno graditi, a parte prezzi e promozioni che in tempi di incertezza e inflazione sono prevedibili, sono relativi ad alcuni aspetti di servizio in negozio, un’area su cui fare attenzione.

Il personale quando è presente è cortese e competente, ma la presenza del personale e l’assistenza all’acquisto sono le aree di miglioramento.
Dall’indagine emerge poi come le categorie di insegne più consigliate dai consumatori italiani siano erboristerie, librerie e gioiellerie, e non solo perché evidenziano una forte componente di vendita assistita.
Sono queste le categorie che stanno lavorando per mettere davvero il cliente ‘al centro’ e creare una connessione emotiva.

La COP28 Dubai 2023 conferma la paura per il Climate Change

La 28sima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite, conosciuta anche come COP 28, si inserisce nell’ambito della convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC, United Nations Framework Convention on Climate Change). Quest’anno la COP 28 si tiene a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023.

In un mondo che sta affrontando conseguenze sempre più gravi legate al cambiamento climatico, la COP28 assume un ruolo centrale nel cercare soluzioni e impegni concreti per affrontare la crisi ambientale.
Ma da una ricerca Ipsos condotta in 31 Paesi emergono dati allarmanti. A causa della frequenza e gravità degli eventi meteorologici estremi, il 57% della popolazione mondiale riferisce come la propria area di residenza sia stata colpita dal cambiamento climatico.

L’impatto sulla popolazione

Non stupisce che l’Italia, dopo un anno devastante in termini di danni ambientali dovuti a temperature record e alluvioni, sia tra i Paesi che si dichiarano più colpiti, con due persone su tre personalmente impattate dal cambiamento climatico.

Nei prossimi dieci anni il 71% della popolazione globale prevede un impatto significativo, con un allarmante 88% in Corea del Sud. Tra i Paesi più preoccupati troviamo l’Italia, dove quattro persone su cinque non vedono un orizzonte roseo.
Per i prossimi 25 anni la prospettiva di sfollamento coinvolge il 38% della popolazione globale, con punte al 68% in Turchia e 61% in Brasile.

Preoccupa anche l’informazione carente

La carenza di informazioni adeguate sul cambiamento climatico emerge come una preoccupazione diffusa.
Il 59% degli intervisti globali ritiene che i governi non forniscano informazioni sufficienti, mentre il 61% pensa lo stesso per le aziende. In Italia questi dati salgono al 66%, sia per il governo sia per le aziende.

A livello globale, in media solo il 24% crede che i mezzi di informazione rappresentino accuratamente gli impatti del cambiamento climatico, mentre per il 42% sono addirittura sottovalutati.
L’Italia si distacca, anche se di poco, dalla media globale dimostrandosi più critica verso il servizio svolto dai mezzi di informazione. Il 57% pensa che il sistema informativo sottostimi gli effetti del cambiamento climatico.

Agire si può?

La mancanza di informazioni trasparenti ha alimentato la sfiducia pubblica. La COP28 si svolge in un contesto in cui la fiducia nei confronti delle azioni governative e aziendali per affrontare il cambiamento climatico è bassa.
Infatti, passando in rassegna le azioni concrete messe in campo, a livello globale solo il 36% degli intervistati ritiene che il proprio governo stia lavorando duramente per affrontare le conseguenze del climate change.

In 21 dei 31 Paesi esaminati, tra cui l’Italia, più della metà della popolazione ritiene che il proprio governo non faccia abbastanza per combatterlo.
È evidente, quindi, la richiesta per una leadership politica globale più incisiva e impegnata per raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti a livello internazionale.

Gestione dei figli e della casa, c’è parità tra mamma e papà?

Nelle famiglie italiane, per i padri oggi non esistono più differenze di genere nella gestione della casa e dei figli. Di tutt’altro avviso, invece, le madri: in base alle opinioni femminili, il contributo maschile non supera il 30% nelle responsabilità domestiche e nell’assistenza ai figli. Queste visioni divergenti emergono dalla nuova edizione dell’osservatorio “Parents” di Eumetra, che ha coinvolto un campione di oltre 2.100 genitori in attesa del primo figlio e con figli di età compresa tra 0 e 11 anni.

Il 70% delle madri si occupa della casa

Il rapporto mette in luce come, ancora oggi, il 70% delle madri si occupi esclusivamente o principalmente delle attività quotidiane in casa e della cura dei figli. Questo dato è addirittura in crescita rispetto al 2018, quando il 66% delle madri aveva questa responsabilità.

Matteo Lucchi, amministratore delegato di Eumetra, commenta che nonostante i padri desiderino essere sempre più presenti e coinvolti nella vita famigliare, emergono differenze nella suddivisione dei compiti che sono ancora molto marcate e in alcuni casi addirittura crescenti. Ad esempio, mentre nel 2018 le decisioni importanti per i figli erano prese dalla madre nel 28% dei casi, oggi questa percentuale è salita al 46%.
La parità tra le mura domestiche sembra ancora essere lontana, e il coinvolgimento dei padri nella gestione della casa e nella cura dei figli non sembra ancora sufficiente a ridurre il peso del “carico mentale” che grava sulle spalle delle madri.

Mamme e papà diversi anche nelle scelte di acquisto 

Le differenze tra madri e padri emergono anche nella maggior parte delle scelte d’acquisto, ad eccezione delle vacanze e del tempo libero, dove le scelte sono condivise nel 75% delle famiglie.
Nelle altre categorie, le madri si sentono responsabili principali per l’acquisto di prodotti come allattamento/svezzamento, alimentazione, igiene e cura, farmaci e salute, puericultura leggera (ciucci e biberon), materiale scolastico e abbigliamento.

Matteo Lucchi aggiunge che anche in questo caso i padri dichiarano una forte condivisione delle scelte d’acquisto, indicando un desiderio di essere protagonisti nella vita quotidiana dei figli che non sempre si traduce in realtà. La condivisione delle scelte d’acquisto è invece più equa per passeggini e seggiolini, giochi e giocattoli, prodotti tecnologici e finanziari.

Il futuro fa paura a tutti

Il rapporto rivela che la stragrande maggioranza delle famiglie, soprattutto quelle con figli pre-adolescenti, è molto preoccupata per il proprio futuro, soprattutto in relazione alla situazione economica. Le madri sono più preoccupate dei padri, ma in miglioramento rispetto all’anno precedente. I principali motivi di preoccupazione riguardano l’incremento dei prezzi e il cambiamento climatico.
I genitori con figli tra i 7 e gli 11 anni, che sono particolarmente colpiti dall’aumento dei prezzi, sono i più preoccupati in questo contesto. Inoltre, cresce la preoccupazione per la perdita del posto di lavoro, con un aumento del 7-8% rispetto al 2022, sia tra le madri che tra i padri.

L’amicizia secondo gli italiani: un valore ancora fondamentale?

Gli italiani si dichiarano soddisfatti della propria rete di amici, di cui la caratteristica più ricercata è l’affidabilità. Ma l’amicizia è ancora ritenuta un valore fondamentale? E quanto sono soddisfatti gli italiani delle proprie amicizie, cosa ricercano in un amico o in un’amica, e che valore attribuiscono all’amicizia? L’ultimo sondaggio Ipsos, condotto in occasione della Giornata Mondiale dell’Amicizia 2023, rileva che più di tre intervistati su quattro (77%) danno un voto almeno sufficiente alla propria rete di amici e conoscenti, mentre per il 38% il voto è pari 8 o superiore.

L’affidabilità è al primo posto

Le relazioni, amicali, affettive o di altro genere, sono l’architrave del vivere sociale, e gli italiani se ne dichiarano soddisfatti. Al contempo, però, meno della metà degli intervistati percepisce l’amicizia come un valore davvero fondamentale per la propria felicità.  In secondo luogo, il sondaggio Ipsos ha indagato quali sono le principali caratteristiche che si cercano maggiormente in un amico o in un’amica. Ed è emerso che negli amici si cerca soprattutto affidabilità, ma anche leggerezza, simpatia, semplicità, allegria. Stimoli intellettuali o esperienze da condividere vengono in secondo piano.

Una fiducia condizionata

In particolare, dal sondaggio emerge come sette intervistati su dieci dichiarano di fidarsi dei loro amici, ma soltanto il 20% sostiene di poterlo fare ‘ciecamente’. Il restante 50% si fida abbastanza e fa affidamento sugli amici il più delle volte, ma non sempre. Questa fiducia ‘condizionata’ è il risultato delle delusioni della vita? Non possiamo saperlo, anche se quasi tre persone intervistate su dieci dichiarano di aver dato agli amici più di quanto abbiano ricevuto da questi. Una tendenza più forte tra le donne, e che non a caso si collega a un livello di soddisfazione mediamente più basso e a un livello di fiducia dichiarato anch’esso inferiore.

I parenti sono più importanti degli amici?

In ultima analisi, meno della metà degli italiani (44%) considera l’avere amici su cui poter contare e con cui star bene insieme un aspetto fondamentale per la propria felicità. Per il 38% le amicizie sono ‘abbastanza’ importanti, ma non fondamentali, e per il 18% sono addirittura ‘poco’ importanti.
Quest’ultima tendenza cresce con l’avanzare dell’età. I rispondenti più adulti sono anche quelli che danno più peso alle relazioni con i parenti, rispetto a quelle con gli amici. Tanto che in merito al viaggio ideale, per la maggioranza è con la famiglia, solo un quarto indica gli amici e uno su dieci preferisce viaggiare da solo. Unica eccezione i giovani della GenZ, che mettono gli amici al primo posto nella classifica dei compagni di viaggio preferiti.

Settimana di quattro giorni, gli italiani super favorevoli 

I dipendenti italiani stanno guidando la spinta globale verso una settimana lavorativa di quattro giorni. Ma, mentre cresce il desiderio di mantenere una certa flessibilità, non si vuole nemmeno limitare le possibili prospettive di carriera. Un nuovo studio condotto da Unispace, azienda specializzata nella progettazione degli ambienti professionali, ha identificato le nuove tendenze in merito.  

In Italia è un vero e proprio “sogno”

Secondo il rapporto intitolato “Returning for Good – Tendenze globali del luogo di lavoro” di Unispace, che ha combinato i risultati di un sondaggio condotto su 9.500 dipendenti e 6.650 datori di lavoro in 17 paesi, la settimana lavorativa di quattro giorni è più desiderata in Italia rispetto a qualsiasi altro paese. Quasi due terzi (62%) degli impiegati del Belpaese sarebbero disposti ad andare in ufficio ogni giorno se venisse adottata questa modalità di lavoro. Anche il 43% dei datori di lavoro sarebbe favorevole ad accogliere questo cambiamento se i dipendenti si presentassero in ufficio tutti i giorni.

Il lavoro ibrido può limitare le opportunità di carriera?

Lo studio ha rilevato che questa opinione è influenzata dalla preoccupazione che il lavoro ibrido possa limitare le opportunità di carriera. Quasi tre quarti (71%) dei dipendenti ritiene che le possibilità di promozione, gli aumenti salariali e i bonus siano più “difficili” per chi non lavora in presenza. L’opinione è condivisa anche dal 79% delle aziende. Inoltre, il rapporto indica che due quinti della forza lavoro italiana attualmente operano in spazi condivisi (“hot-desking”). Tuttavia, l’84% di loro sarebbe più incline ad aumentare il tempo trascorso in ufficio se avesse una postazione di lavoro assegnata. Questo potrebbe essere un problema per i datori di lavoro, poiché negli ultimi due anni le aziende italiane hanno ridotto la metratura degli uffici del 36%, rispetto alla media mondiale del 10%. Ciò potrebbe essere dovuto alla continua lotta tra i dipendenti e le aziende per trovare un equilibrio tra lavoro in presenza e lavoro da remoto.

Un equilibrio da trovare

Nonostante i professionisti italiani trascorrano più tempo in ufficio rispetto alla media mondiale (60% rispetto al 50% a livello globale), un quarto degli intervistati ha dichiarato di non apprezzare la mancanza di uno spazio privato. Poco più della metà (51%) ha affermato di non riuscire a svolgere il proprio lavoro in modo efficace in ufficio a causa delle interruzioni e delle numerose riunioni.
Questo suggerisce che i dipendenti stiano cercando di trovare un equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale. Tuttavia, se i problemi relativi all’ambiente di lavoro non vengono affrontati, è probabile che la richiesta di un modello di lavoro ibrido continuerà a esistere anche in futuro. 

Cybercrime, è la terza economia al mondo

Il Rapporto Annuale sulle Minacce Informatiche di Thales in Italia evidenzia un preoccupante aumento del numero di attacchi informatici, tanto da essere una vera e propria economia mondiale. Eppure, una grandissima parte di questi reati non viene denunciata per timore di perdere credibilità. 
“Si stima che il mondo del Cyber Crime sia la terza economia mondiale, subito dopo Stati Uniti e Cina”, a dirlo a Roma in occasione della cerimonia di premiazione dei vincitori di Cyber X Mind4Future, il programma di formazione evoluta ed esperienziale sui temi della sicurezza cibernetica ideato da Leonardo e il centro di competenze Cyber4.0, è stato Tommaso Profeta, Managing Director della Divisione Cyber & Security Solutions di Leonardo.  “Una dimensione rilevantissima – ha sottolineato Profeta – da cui si capisce quale sia la necessità di dotarsi di figure professionali capaci di fronteggiare la minaccia. Ad oggi sono 3,4 milioni le persone che mancano nel mondo per colmare questo gap”. Numeri che testimoniano la necessità di puntare in modo deciso sulla formazione di giovani esperti e acne in generale di aumentare la consapevolezza dei pericoli del mondo digitale, tanto che l’85% degli attacchi vanno a buon fine a causa di un qualche errore umano.

Una Academy per imparare

In questo senso si inserisce la Cyber & Security Academy di Leonardo, che rappresenta un’importante risposta a questa esigenza, offrendo un’alta formazione sia a operatori tecnici che a personale non specializzato ma con ruoli chiave all’interno di aziende o pubblica amministrazione. Il nuovo direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Bruno Frattasi, sottolinea come la sicurezza informatica sia un problema che coinvolge l’intera cittadinanza, non solo le imprese o le pubbliche amministrazioni, e come sia necessario prevenire la diffusione di dati personali o il blocco di servizi alla cittadinanza. 

In Italia il 51% delle aziende non ha un piano di protezione

Il Rapporto Annuale sulle Minacce Informatiche pubblicato da Thales fa emergere ulteriore segnali allarmanti. Ad esempio, si scopre che non solo il numero di cyberattacchi in Italia sia in sensibile aumento, ma anche che più della metà delle aziende (51%) non ha un piano per proteggersi. E’ evidente dunque l’urgente necessità di investire nella sicurezza cibernetica, anche perchè “c’è una parte di questi attacchi che non conosciamo, una parte sommersa che per molti motivi non conosciamo” ha detto Frattasi. “Si tratta a volte si tratta di attacchi ‘invisibili’ ossia non individuabili se non con molto ritardo, ma c’è anche riluttanza a dire di essere attaccati, si teme di perdere la reputazione e non ci si vuole mostrare parte sommersa che forse pesa di più deboli”.

Dispositivi tecnologici vintage, quali mancano di più agli italiani?

La cabina telefonica, ma anche il Gameboy e il mangianastri per ascoltare le cassette musicali. Sono alcuni dei dispositivi tecnologici vintage che, anche se sembrano appartenere a un’altra era geologica, maggiormente mancano gli italiani. Un po’ a sorpresa, i nostri connazionali sono dei nostalgici, e rimpiangono gli oggetti d’antan. Alcuni oggetti tech del passato sono evidentemente entrati nel nostro cuore tanto che vorremmo tornassero in auge. Per scoprire quali siano i preferiti, Facile.it ha esplorato questo argomento e ha commissionato un’indagine specifica agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat. 

I primi tre posti in classifica vanno a…

Al primo posto degli oggetti del passato che gli italiani vorrebbero far tornare in auge c’è la cabina telefonica, indicata dal 33,3% dei rispondenti. Sebbene non siano mai diventate un simbolo nazionale come invece accaduto oltremanica, evidentemente questi oggetti hanno fatto breccia nel cuore di molti italiani e, curiosamente, in particolare tra i più giovani; tra gli under 24 la percentuale dei “nostalgici” sale al 36,1% e al 36,9% tra i 25-34 enni. Forse perché non hanno mai avuto il “piacere” di fare ore di coda per aspettare il proprio turno o vedere la chiamata interrotta all’improvviso perché erano finiti i gettoni. Al secondo posto si posiziona il lettore mp3, con una percentuale di nostalgici pari al 26,9%. Il primo lettore mp3 risale al 1998 (l’MPMan di origine sudcoreana), ma il vero boom per questo dispositivo è arrivato dopo il 2001 a seguito del lancio sul mercato dell’iPod di casa Apple e delle numerose reinterpretazioni fatte dalle altre società tech. Non è stato solo un vero e proprio oggetto icona per i primi anni 2000, ma ha contribuito a rivoluzionare l’industria discografica traghettandola dal mondo analogico a quello digitale.
Sul gradino più basso del podio si posiziona un oggetto cult per tutti gli amanti dei videogiochi, il Gameboy, indicato dal 21,1% dei rispondenti. La console portatile di casa Nintendo è stata prodotta, nella sua prima versione, tra l’89 e il 2003 ed è stata una delle più vendute di sempre, con oltre 100 milioni di copie in tutto il mondo. Un vero e proprio must have per i ragazzi dell’epoca e ancora tanto amato, anche dai più giovani, tanto è vero che, guardando all’indagine, la percentuale di nostalgici sale addirittura al 47,4% tra i rispondenti con età compresa tra i 18 e i 24 anni.

Nostalgia per il Walkman

Al quarto posto della classifica degli oggetti tecnologici del passato che vorremmo tornassero in auge si posiziona il Walkman, con il 19,7% delle preferenze. Il dispositivo di casa Sony, diventato per antonomasia il mangiacassette portatile, è arrivato sul mercato nel 1979 e ha contribuito a rivoluzionare il modo di ascoltare musica di un’intera generazione, gettando le basi per i suoi successori, da cui fu spodestato: il lettore CD portatile prima e il lettore MP3 dopo. Subito dietro al Walkman si posiziona quello che può esserne considerato il “cugino” maggiore, ovvero il mangianastri, oggetto che vorrebbero tornasse in auge il 18,8% dei partecipanti all’indagine. Al sesto posto della classifica c’è il registratore VHS, con il 18,6% delle preferenze. Scendendo i vari gradini della hit, si posizionano nell’ordine: il proiettore di diapositive (18,3%), la radiolina (16,7%), lo Scacciapensieri (il “Game & Watch” della Nintendo – 9%), il cercapersone (7,7%), il floppy disk (7,3%), il Blackberry (7,1%) e la Tv a tubo catodico (3,4%).

I consumatori italiani vogliono essere phygital

Secondo il 65% degli italiani, la maggior parte dei brand e dei retailer è ancora lontana dall’offrire un buon livello di soluzioni integrate tra canale fisico e online. I consumatori italiani, invece, cercano un’esperienza congiunta tra canale fisico e digitale. In pratica, sono sempre più phygital. Ad esempio, per quasi la metà degli italiani (47%) il bisogno di rassicurazione nella fase post-vendita viene infatti soddisfatta anche dall’online, che supplisce alla mancanza di ‘fisicità’ con regole chiare e codificate.
Il punto vendita fisico è invece nettamente preferito per fare la spesa alimentare. Gli aspetti più graditi? La possibilità di vedere e toccare con mano i prodotti, poterli avere subito, e poter interagire con il personale di vendita.

L’acquisto online attiva maggiormente le leve del desiderio

È quanto emerge da Gli italiani e le esperienze di acquisto Phygital, la ricerca di BVA Doxa in collaborazione con Salesforce Italia. I driver di scelta che spingono a fare spese in digitale sono la possibilità di avere prezzi migliori e offerte convenienti (61%), e la comodità di effettuare gli acquisti da casa (58%). Molto gradita anche la possibilità di orientarsi nella scelta leggendo recensioni e valutazioni di altri utenti (44%). L’acquisto online è in grado di attivare maggiormente le leve del desiderio e dell’immaginazione (45%), e solo il 7% ritiene che il canale fisico faccia viaggiare con l’immaginazione nella fase di scelta. Entrambi i canali sono in grado di far nascere il ‘colpo di fulmine’ per un prodotto, ma per il 33% il canale digitale rischia di deludere più facilmente le aspettative (9%).

Le soluzioni di acquisto integrate più richieste

La soluzione di acquisto integrata più richiesta è la possibilità di acquistare un prodotto online per poi scegliere la modalità di ritiro/consegna in negozio/a casa (97%). Tra le altre azioni phygital più gradite sono molto apprezzate la possibilità di guardare e confrontare i prodotti da casa (95%), e conoscere quali siano immediatamente disponibili nello store (90%). Ma se le soluzioni phygital incontrano il gradimento del 96% del campione esiste ancora una quota di consumatori che ritiene i negozi ancora non del tutto in grado di offrire questo tipo di servizi. Solo il 21% dichiara che i negozi hanno realizzato gran parte di queste soluzioni.

I comportamenti del customer journey

Quando si considera il customer journey la maggioranza degli italiani già oggi mette in atto comportamenti phygital per gli acquisti. La diffusione di questi comportamenti di acquisto integrati è più marcata per alcune categorie di prodotti: elettronica (52%), grandi e piccoli elettrodomestici (47%) e capi di abbigliamento (43%). Tra i vantaggi individuati nel muoversi in modo soddisfacente tra online e fisico, emergono la possibilità di avere un’esperienza d’acquisto più consapevole e informata (57%), un customer journey più comodo (57%), usufruire di una soluzione in grado di adattarsi alle proprie esigenze (54%), e una maggiore sicurezza negli acquisti (51%).

Dove trovo le ricette per i piatti migliori? Su Internet!

La cucina è una vera e propria passione per un numero crescente di italiani. Se da sempre quello fra i nostri connazionali e la buona tavola è un rapporto d’amore, negli ultimi due anni – complice anche il covid – il numero degli aspiranti chef è cresciuto ulteriormente. Così, tra pentole e fornelli, gli italiani amano passare il loro tempo libero, e non solo. Ma dove si possono reperire le ricette per preparare le migliori bontà? E quali sono i piatti maggiormente ricercati? Le risposte, in entrambi i casi, arrivano dalla rete.

Il 95% dei “cuochi” si informa online

Per cercare le ricette preferite o ispirarsi, il 95% degli utenti ricorre almeno ad una fonte online, mentre il 67% utilizza almeno un social media per trarre nuove idee. Non sorprende che a guidare le ricerche ci sia Google: lo preferisce il 56% degli italiani. Tra i social media, emerge Youtube, scelto dal 46% degli utenti alla ricerca di ricette. Lo studio, condotto dall’Osservatorio Nestlé, suddivide le statistiche anche per fascia d’età. Ad esempio, si scopre che i 18-24enni (58%) e i 25-34enni (49%) si affidano soprattutto ad Instagram, mentre la fascia 35-44 anni (58%) attinge in particolare dai siti web o dai blog di appassionati di cucina. I più “grandicelli”, quelli della fascia 45-54 anni (43%), preferiscono i tutorial su Youtube e gli over 55 (53%) scelgono i ricettari di famiglia. Prima dell’avvento dei social network il 62% prendeva spunto principalmente dai libri di cucina e il 52% dai ricettari di famiglia. Il 46% cercava direttamente la ricetta attraverso Internet, il 35% attraverso trasmissioni televisive dedicate e il 34% si affidava alle ricette lette sui giornali.

Le ricette più ricercate

Dopo aver scoperto chi e come cerca dritte sulla cucina on line, è interessante scoprire cosa si cerca. Ovvero, quali sono i piatti e le preparazioni prediletti e più googlati. Secondo i dati di Google Trends, le ricette più cercate su internet sono le più semplici. Al primo posto, troviamo la più amata in Italia, ovvero la pasta: in particolare, sono ricercate ricette come la pasta alla boscaiola, con i peperoni e la classica pasta e fagioli. Troviamo poi la torta di pere, i pancake, le crepes e, infine, un altro classico, la pizza. In aumento, invece, nuove tendenze come il poke ed il porridge, ma anche ricette fresche come l’insalata di riso. Infine, gli italiani non rinunciano a prepararsi qualche buon cocktail a casa: i preferiti sono il Sex on the beach ed il Gin Tonic.