Mercato libero o tutelato? Gli italiani sono confusi 

Quando si parla di fornitura luce e gas molti italiani hanno ancora le idee confuse. Nonostante risparmiare sulle bollette sia una priorità per molte famiglie, secondo l’indagine di Facile.it, commissionata agli istituti mUp Research e Norstat, più di 15 milioni di italiani non sanno nemmeno se il proprio fornitore operi nel mercato libero o in quello tutelato.
“Cambiare fornitore di luce e gas è un’operazione molto semplice, ma va affrontata con attenzione – spiega Mario Rasimelli, Managing Director utilities di Facile.it -, conoscere le caratteristiche base della propria offerta, a partire dal mercato in cui opera la società da cui acquistiamo l’energia, è fondamentale per fare una scelta consapevole. Una valutazione errata può portare a un aumento delle bollette anziché a un risparmio”.

Il 34% non sa se in quale mercato opera il proprio fornitore di gas

Secondo i risultati dell’indagine, emerge che gli italiani hanno le idee più confuse in materia di fornitura di gas. In quest’ambito il 34% degli intervistati ha dichiarato di non sapere se il proprio fornitore opera nel mercato libero o in quello tutelato. A livello territoriale, a conoscere meno la propria offerta sono i residenti nelle regioni del Sud Italia, dove la percentuale arriva addirittura al 40%. La situazione migliora, ma solo di poco, se si guarda all’energia elettrica: in questo caso è 1 italiano su 4 (25%) a non sapere se la propria fornitura sia nel mercato libero o nel regime di tutela. Guardando i dati su base territoriale, invece, emerge che sono soprattutto i residenti nelle regioni del Nord Est ad avere le idee meno chiare (31%).

Conviene passare al mercato libero?

Analizzando le migliori offerte a tariffa indicizzata presenti sul mercato libero, e tenendo in considerazione le stime sull’andamento del prezzo dell’energia dei prossimi mesi, emerge che il passaggio dal mercato tutelato a quello libero può far risparmiare fino al 10,5% sulla fornitura di luce e gas. Nello specifico, considerando la migliore offerta a tariffa indicizzata, il risparmio per chi passa dal regime di tutela al mercato libero è del 2% nel caso del gas, ma arriva fino al 21% per l’energia elettrica. Le stime sono realizzate tenendo in considerazione l’andamento dei prezzi per i prossimi 12 mesi secondo le previsioni fatte da Acquirente Unico.

Un risparmio fino al 10,5% rispetto al regime di tutela

“La fine del mercato tutelato è stata rinviata al 2024, ma il consiglio è di valutare fino da oggi il passaggio al mercato libero, che grazie al calo del prezzo dell’energia, offre ai consumatori prodotti a prezzo variabile che possono far risparmiare fino al 10,5% rispetto al regime di tutela – aggiunge Rasimelli -. Sapere se il fornitore da cui acquistiamo l’energia opera nel mercato libero o in quello tutelato è però il punto di partenza imprescindibile per fare ulteriori valutazioni”.

Pubblicato
Categorie: Economy

Grandi Dimissioni: 3 sviluppatori italiani su 4 vogliono cambiare lavoro

Un settore che non esula dal fenomeno delle Grandi Dimissioni è quello della tecnologia, e a confermarlo sono i professionisti di un ecosistema simbolo del mondo tecnologico: gli sviluppatori di software. Secondo la ricerca The State of Software Development in Italy, condotta da BitBoss, emerge come 3 developer su 4 sarebbero intenzionati a cambiare il proprio posto di lavoro se dovessero emergere nuove opportunità. Il 31,7% dei developer con un regolare contratto di lavoro sarebbe infatti alla ricerca attiva di un posto più in linea con le proprie aspettative, mentre il 42,7% si dice aperto a ogni opportunità che possa portare un miglioramento alla propria vita professionale.

GenZ: reinventarsi come freelance 

In particolare, il 60,9% degli sviluppatori dipendenti della GenerazioneZ dichiara di essere intenzionato a rivedere la propria attuale vita professionale, reinventandosi come freelance, imprenditore o semplicemente cambiando azienda. Solo il 6,5% non ha intenzione di spostarsi dall’attuale luogo di lavoro nel prossimo futuro.
“I dati che abbiamo raccolto non mostrano insoddisfazione da parte degli sviluppatori riguardo al proprio posto di lavoro – afferma Davide Leoncino, co-founder e responsabile marketing di BitBoss -. Al contrario, quasi 8 sviluppatori su 10 si dicono sostanzialmente soddisfatti della propria situazione professionale, tuttavia esiste una forte inclinazione a cercare sempre nuove opportunità”.

Flessibilità lavorativa e stipendi adeguati

Quali sono le condizioni che potrebbero spingere gli sviluppatori a dare una svolta alla propria carriera? Il 76,7% degli sviluppatori dipendenti sarebbe disposto a cambiare posto di lavoro se venisse offerto uno stipendio più alto, mentre per il 45% un avanzamento di carriera rappresenterebbe un fattore fondamentale nella scelta. Il 78,4% degli sviluppatori inoltre afferma di valutare molto più positivamente l’offerta di un nuovo lavoro nel caso in cui l’azienda offra la possibilità di lavorare da remoto, anche in forma ibrida. Assumerebbe un ruolo importante anche la qualità del team di lavoro. Per 4 sviluppatori su 10 lavorare con un team non adeguato basterebbe per cercare nuove opportunità lavorative.

Rimanere al passo con le nuove tecnologie

Quanto al mondo degli sviluppatori freelance, il 79,6% non è disposto a sacrificare la propria libertà in favore di un contratto di lavoro in azienda a tempo indeterminato. La flessibilità di luogo e orario di lavoro è un valore fondamentale per il 76,7% dei developer freelance, mentre la libertà di poter scegliere in autonomia i propri clienti e progetti è imprescindibile per 1 sviluppatore su 2. Inoltre, la capacità di rimanere al passo con le nuove tecnologie e innovazioni è un tema fondamentale per poter analizzare la predisposizione dei professionisti del codice a cambiare la propria vita professionale. Tanto che il 95,9% degli sviluppatori ritiene di avere tutte le competenze necessarie per riadattarsi e riuscire a trovare una nuova occupazione in breve tempo, anche mettendo in conto un periodo di formazione o aggiornamento.

Pubblicato
Categorie: Economy

I trend della Mobilità condivisa nel 2023

Raggiungimento degli obiettivi climatici, inversione di tendenza del traffico e città senza auto sono solo alcuni esempi delle sfide che richiedono soluzioni di mobilità innovative. Ma quali sono i trend che muoveranno l’industria della mobilità nel 2023? E in che modo la tecnologia contribuirà a nuove soluzioni per il trasporto? Gli esperti di mobilità condivisa di Invers hanno individuato cinque tendenze. Le cifre del car sharing nel 2022 mostrano una crescita costante del mercato: “Ci aspettiamo che il mercato del car sharing cresca di almeno il 20%”, afferma Bharath Devanathan, Chief Business Officer di Invers.

Ma i piani di espansione sono evidenti anche nei recenti sviluppi del mercato, come l’acquisizione di WeShare da parte di Miles e di ShareNow da parte di Stellantis/Free2Move.

Attenzione rivolta alla redditività

Allo stesso tempo, aumenterà la pressione sugli operatori affinché diventino redditizi. Nel mercato della micromobilità condivisa si prevede che gli operatori si ritirino ulteriormente dalle città meno redditizie per concentrarsi sui mercati più redditizi. Per aumentare la redditività, alcuni operatori di car sharing stanno esternalizzando compiti operativi su larga scala a fornitori di servizi specializzati, altri si stanno concentrando sull’aumento dell’utilizzo dei veicoli, offrendo un veicolo su piattaforme MaaS o in modelli di business complementari (carsharing aziendale durante la settimana e carsharing peer-to-peer nel fine settimana). Nuovi concetti di condivisione della flotta e API unificate supporteranno questo approccio.

Periodi di noleggio più lunghi e ancora più sostenibili

Continua la tendenza, sebbene ancora giovane, ad abbonarsi all’auto. I fornitori tradizionali di car sharing stanno andando oltre il noleggio a breve termine e si rivolgono al mercato a lungo termine. Inoltre, si rivolgono a nuovi segmenti di clientela e contrastano i rischi monitorando i dati di utilizzo dei veicoli e interrompendo l’accesso se necessario. Se il car sharing è già più sostenibile dell’utilizzo di veicoli privati, i servizi di car sharing di numerosi operatori saranno sempre più elettrici. Nella città di Amburgo, ad esempio, le società di car sharing Miles, ShareNow, Sixt e WeShare hanno concordato di aumentare la percentuale di veicoli elettrici delle flotte ad almeno l’80% entro il 2023/24.

Le città e l’edilizia riconoscono il potenziale del car sharing

L’idea della mobilità condivisa sta acquisendo importanza anche nell’edilizia residenziale, con numerosi costruttori che stanno integrando soluzioni di mobilità condivisa nelle offerte. Il vantaggio? Invece di un certo numero di posti auto per unità residenziale, possono fornire spazio solo per un numero minore di veicoli in condivisione.

Questa tendenza è particolarmente evidente nei Paesi Bassi, in Germania e in Italia. Inoltre, singole città e comuni stanno promuovendo i concetti di condivisione attraverso politiche più favorevoli al car sharing, soprattutto per quanto riguarda le tariffe dei parcheggi. In molti casi si collegano tali politiche alla promozione della mobilità elettrica. Colonia, Amburgo e Monaco offrono già parcheggi gratuiti per i veicoli elettrici, accelerando la tendenza verso flotte di veicoli elettrici puri.

Pubblicato
Categorie: Economy

Natale 2022: quest’anno acquisti digitali in anticipo 

Il 2022 sta volgendo al termine, e in questi ultimi mesi prima delle festività natalizie non si parla di acquisti dell’ultimo minuto, ma di una anticipazione già a inizio novembre nelle ricerche dei regali da porre sotto l’albero. Complice l’inflazione in aumento e la scarsità di forniture, il comportamento dei consumatori è cambiato rispetto allo scorso anno, e la prima evidenza è l’atteggiamento degli acquirenti, ora più preparati al risparmio dopo i difficili avvenimenti di questi ultimi anni. Si stima infatti che durante il Black Friday e il Cyber Monday il 78% dei consumatori abbia speso la metà del proprio budget per i regali di Natale, per un volume totale di vendite online stimate in aumento del 72% tra lunedì 19 novembre e il 25 novembre.
Un’attitudine sostenuta anche da Calicantus, che ha fatto il punto sui comportamenti di acquisto più rilevanti in vista del Natale.

L’integrazione di negozi digitali e fisici

“Le persone preparano il terreno alla corsa ai regali tramite il digitale, che permette di pianificare gli acquisti dei prodotti con settimane di anticipo”, afferma Valentino Bergamo, ceo di Calicantus. È un vantaggio temporale che si estende anche nella sinergia tra i canali di acquisto, ovvero, tra il negozio fisico, il marketplace digitale e lo shop online.
Infatti è l’omnicanalità il secondo tema di grande interesse, che ha preso piede dopo che la pandemia aveva fortemente limitato l’esperienza di acquisto nei punti vendita fisici da parte degli utenti. La ripresa dell’operatività dei negozi quest’anno richiama un numero maggiore di visitatori, rendendo quindi indispensabile l’integrazione di negozi digitali e fisici. 

I consumatori arriveranno in negozio in maniera mirata

Secondo una ricerca di Adyen e KPMG, il 63% degli italiani preferisce acquistare presso retailer che utilizzano la tecnologia per migliorare l’esperienza di acquisto sinergicamente online e offline. Di fatto, il retail fisico influenza oggi gli ordini via web, e la fusione tra store digitale e tradizionale aumenterà progressivamente il valore di ciascun canale. Inoltre, anche la sostenibilità entra nel podio delle tematiche di grande importanza per questo Natale 2022: “grazie all’esperienza digitale, i consumatori giungeranno in negozio in maniera mirata, evitando così sprechi di tempo e di carburante”, ribadisce Bergamo.

Principi etici e ricerca del valore guidano lo shopping

Secondo Salesforce la fiducia nelle aziende che pongono attenzione al rispetto per l’ambiente nelle fasi di produzione richiamerà l’attenzione dell’83% dei consumatori di tutto il mondo, mentre il 64% si allontanerà dai marchi che non rispecchiano i valori condivisi dalla popolazione. Principi etici e ricerca del valore sembrano dunque guidare i consumatori nello shopping per le prossime festività. Ma secondo un’altra ricerca di Google il 75% degli acquirenti non è disposto a rinunciare alla qualità, nonostante le grandi sfide economiche e sociali dei nostri tempi.

Pubblicato
Categorie: Economy

GenZ, Millennials e le elezioni 2022: come si sono espressi? 

Le analisi post-voto di Ipsos, effettuate dal team di Public Affairs dopo le elezioni politiche dello scorso 25 settembre, rivelano come ogni partito risulti più o meno attrattivo da specifiche categorie o fasce sociali. Emergono evidenti differenze di atteggiamento verso la politica tra i giovanissimi fino ai 26 anni (GenZ) e i giovani adulti tra i 27 e 41 anni (Millennials). Se tra i GenZ, ad esempio, FdI ha un consenso molto limitato, tra i Millennials questo si avvicina sensibilmente al dato medio nazionale. Millennials e GenZ premiano poi il M5S, sovrarappresentato di diversi punti per entrambe le generazioni, così come SI/Verdi, anche se molto più tra la GenZ.

I partiti e l’astensione

Al contrario, su partiti come Lega e IV/Azione il giudizio è opposto: la Lega (e in parte Forza Italia) è più votata rispetto alla media nazionale da Millennials e meno dalla GenZ, mentre il contrario è vero per il terzo polo. Un’altra costante poi è la scarsa attrattività del PD. Il livello di astensione tra la GenZ si colloca poco sotto alla media nazionale (35%), superiore solo a quella dei Boomers (30%). Significativamente più alta l’astensione di Millennials e GenX (45% e 40%). In generale, la GenZ ha una visione più ottimista e fiduciosa, mentre i Millennials sono molto più arrabbiati e percepiscono un sentimento di esclusione sociale, che si riversa sui livelli di interesse e partecipazione.

Due modi diversi di vivere la democrazia

L’atteggiamento più positivo e ottimista della GenZ per la democrazia si riflette anche sulla validità del progetto europeo (messa in discussione dal 36% dei GenZ, dal 46% dei Millennials e dal 47% della GenX) e sull’interesse per la politica (su una scala da 1 a 10, il voto medio è 5,9 per la GenZ e 4,8 per i Millennials). L’unico elemento che accomuna le due generazioni e le contrappone a Boomers (nati tra 1946-1964) e Silent (1928-1945) è il tema delle ‘nuove famiglie’: entrambe rifiutano nettamente l’idea che l’unica ‘vera’ famiglia sia quella ‘tradizionale’, un’idea invece maggioritaria nella popolazione più anziana.

Il confronto con le altre generazioni

Nel suo ottimismo, la GenZ assume un profilo di attitudini simile alle generazioni più anziane, in particolare nell’interesse verso la politica. Sono infatti GenZ, Boomers e Silent le generazioni dove questo dato raggiunge la sufficienza, mentre Millennials e GenX sono decisamente più in basso. Le fasce di età intermedie (tardi Millennials e GenX) sono le più propense all’astensione o al voto di protesta. Nel corso degli ultimi 20-30 anni si è assistito a un decadimento del dibattito pubblico e una trasformazione della politica da scontro di ideali/valori a un confronto privo di visioni e aspirazioni. La GenZ non ha vissuto questo decadimento, e rivela un minore attaccamento a partiti e ideologie.

Pubblicato
Categorie: Economy

I giovani e i pagamenti digitali

Il 90% dei giovani, e l’85% nella fascia d’età compresa fra 18-30 anni, possiede una carta di debito, il 77% una prepagata e il 58% una carta di credito. Negli ultimi anni poi è arrivato il boom delle app di pagamento, conosciute dal 96%, e utilizzate da quasi due terzi (62%), contro il 56% di tutta la popolazione. Ma tra gli under 30 iniziano a farsi strada anche i mobile payment/wallet, noti al 93% e utilizzati dal 37%. A questi si aggiunge il Buy Now Pay Later, conosciuto dal 60% e preso in considerazione per gli acquisti futuri dal 46%. Insomma, le nuove forme di pagamento conquistano i giovani. È quanto emerge dall’Osservatorio Compass, condotto dalla società del credito al consumo del Gruppo Mediobanca.

Sicurezza, praticità, comodità le caratteristiche più apprezzate

Se si parla di acquisti in un punto vendita fisico, in cima alle preferenze ci sono le carte di debito/bancomat (56% dei giovani e 63% totale). Al secondo posto, resistono i contanti (29%), utili specialmente nelle ‘microtransazioni’, al terzo le carte prepagate (25%), poi le app di pagamento (19%) e il mobile payment (16%). Quando si tratta, invece, di acquisti online, 4 under 30 su 10 (42%) preferiscono le carte di debito/bancomat, seguite dalle app di pagamento (38% e 43% sul totale) e dalle carte prepagate (34%). Il motivo? Da un sistema di pagamento i giovani pretendono tre caratteristiche: sicurezza, praticità, comodità.

Il Buy Now Pay Later attira gli under 30

Si tratta di nuove forme di pagamento sempre più smart e tecnologiche. Il Buy Now Pay Later, ad esempio, viene utilizzato soprattutto per acquistare abbigliamento (22%), beni tecnologici (21%) e accessori (18%). Circa la metà degli under 30 vorrebbe provare questa forma di dilazione in futuro, perché la considera un aiuto nei momenti in cui si concentrano più spese, e la ritengono vantaggiosa perché la si può usare per gli acquisti online facendo tutto da remoto. Inoltre, riferisce Adnkronos, ne apprezzano la possibilità di poter godere immediatamente del prodotto pagandolo successivamente, concedendosi uno sfizio ma senza indebitarsi.

“La strada della digitalizzazione nei pagamenti è segnata”

“Strumenti sicuri, pratici, comodi, senza rischi né sorprese: è questo che i giovani vogliono da un sistema di pagamento. In questo senso va letto il successo delle carte di pagamento tra gli under 30. Ora, con app, wallet e mobile payment – ha commentato Luigi Pace, Direttore Centrale Marketing & Innovation Compass – la strada della digitalizzazione dei pagamenti è segnata. Il Buy Now Pay Later, che ancora in Italia ha tanto potenziale di crescita, si inserisce in questo contesto aggiungendo un ulteriore tassello: la possibilità di dividere in più importi mensili il costo di acquisto di un prodotto, e soprattutto di farlo in modo semplice e comodo, senza nessun costo accessorio per il cliente, sia online sia nei negozi fisici”. 

Pubblicato
Categorie: Economy

I leader della supply chain puntano su intelligenza artificiale e automazione

I Chief Supply Chain Officer (Csco), ovvero i top manager che si occupano delle catene di approvvigionamento, stanno facendo i conti con una sfida significativa: affrontare tutte le difficoltà legate a una pandemia globale da Covid-19, all’inflazione, ai cambiamenti climatici e agli eventi geopolitici e al contempo organizzare, pianificare e gestire le loro catene di approvvigionamento a prova di futuro.
Uno studio dell’IBM Institute for Business Value (IBV), “Own Your Transformation”, condotto su 1.500 Csco e Chief Operating Officer (Coo), mette in luce che i manager stanno scommettendo sull’innovazione e sull’intelligenza artificiale per ottimizzare questi processi, reinventando le operazioni della filiera. I risultati chiave dello studio evidenziano che i Csco stanno adottando l’IA e tecnologie di automazione per fornire interconnettività con partner e fornitori e per consentire operazioni sostenibili e intelligenti. Quasi la metà (47%) dei Chief Supply Chin Officer intervistati ha affermato di aver introdotto nuove tecnologie di automazione negli ultimi due anni, un approccio che può aggiungere prevedibilità, flessibilità e intelligenza alle fasi della catena di approvvigionamento e di utilizzare l’intelligenza artificiale per monitorare le prestazioni. Il report ha anche rilevato che la sostenibilità è sia una sfida sia una leva verso il cambiamento.

Contrastare i fattori di stress

“Per combattere efficacemente i fattori di stress delle catene di approvvigionamento, come l’inflazione, è imperativo che i Csco si concentrino sull’utilizzo di analisi, intelligenza artificiale e processi di automazione per costruire supply chain intelligenti, resilienti e sostenibili”, afferma Jonathan Wright, IBM Consulting Global Managing Partner, Sustainability Services and Global Business Transformation. “Automazione e l’intelligenza artificiale possono consentire ai Csco e alle loro imprese di raccogliere dati, identificare i rischi, convalidare la documentazione e fornire audit trail, anche in periodi di forte inflazione, gestendo al contempo anche il consumo di carbonio, energia e acqua”.

Le priorità e chi le chiede

In base ai dati emersi dal rapporto si scopre inoltre che 1 Csco su 2 (il 52%) pone la sostenibilità in cima alla lista delle priorità di cambiamento per le quali l’infrastruttura tecnologica può fornire una spinta concreta. Il 50% dichiara che i propri investimenti in sostenibilità accelereranno la crescita aziendale. Gli stessi manager affermano poi che le maggiori pressioni verso la trasparenza e la sostenibilità provengono da: investitori (56%), membri del consiglio di amministrazione (50%) e clienti (50%). 

Pubblicato
Categorie: Economy

I numeri del lavoro: è boom di dimissioni, ma i contratti in più sono un milione 

Nel suo rapporto dell’Osservatorio sul precariato l’Inps evidenzia un boom di dimissioni, ma anche un milione di contratti in più. I numeri del mercato del lavoro in Italia vanno letti con attenzione per superare l’apparente contraddizione di questi due trend opposti, ma che invece sono complementari. Nel primo semestre 2022 i flussi nel mercato del lavoro, tra assunzioni, trasformazioni, e cessazioni, hanno completato la ripresa dei livelli pre-pandemici, compromessi nel biennio 2020-2021 dalle chiusure e restrizioni dovute all’emergenza sanitaria. E segnalano incrementi rispetto al 2018-2019, sia nel numero di assunzioni e trasformazioni, sia in quello delle cessazioni. Analizzando le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato nel primo semestre dell’anno con riferimento alla causa di cessazione, il primo fattore da considerare è infatti l’effetto dell’uscita dalla pandemia.

Assunzioni e cessazioni

Nei primi sei mesi dell’anno, i datori di lavoro privati hanno effettuato 4.269.179 assunzioni e 3.322.373 cessazioni di contratto di lavoro, per un saldo positivo che supera i 946 mila contratti. Sempre nel primo semestre 2022, le dimissioni invece registrano un consistente incremento (+22% e +28% rispetto ai corrispondenti periodi 2021 e 2019). Il livello raggiunto di oltre 600.000 dimissioni sottende il completo recupero delle dimissioni mancate nel 2020, quando tutto il mercato del lavoro era stato investito dalla riduzione della mobilità, connessa alle conseguenze dell’emergenza sanitaria.

Dimissioni e licenziamenti

Se si considerano anche le interruzioni volontarie dei rapporti di lavoro a termine, le dimissioni diventano un milione, per un aumento del 31,73% rispetto allo stesso periodo del 2021.  I licenziamenti di natura economica e disciplinari, riferisce Adnkronos, registrano poi un forte aumento rispetto al primo semestre 2021 (rispettivamente +121% e +36%). Tuttavia il dato va messo in relazione alle deroghe normative varate con i decreti anti-Covid nel 2021. Per contestualizzare questa dinamica, occorre ricordare che fino al 30 giugno 2021 (per gran parte dell’industria) o fino al 31 ottobre 2021 (per il terziario e il resto dell’industria) i licenziamenti economici erano bloccati dalle normative specifiche introdotte nel 2020.

Licenziamenti economici e disciplinari

Per i licenziamenti economici, chiarisce l’Inps, il più pertinente confronto con il 2019 rileva però una contrazione, con circa 50.000 licenziamenti in meno sia rispetto al 2018 sia al 2019 (-21%). In continua crescita, invece, dopo la modesta flessione del 2020, risultano i licenziamenti disciplinari: nel primo semestre 2022 sono poco più di 60.000, circa un terzo in più rispetto al corrispondente semestre del 2019.

Pubblicato
Categorie: Economy

Istat: secondo trimestre 2022 Pil a +4,7% tendenziale

Se la crescita congiunturale del Pil diffusa dall’Istat in stima preliminare il 29 luglio 2022 era risultata dell’1%, e quella tendenziale del 4,6%, secondo gli ultimi dati diffusi dell’Istituto nel secondo trimestre del 2022 il prodotto interno lordo, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, e corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dell’1,1% rispetto al trimestre precedente, e del 4,7% nei confronti del secondo trimestre del 2021.
Questo, considerando che il secondo trimestre del 2022 ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente, e una giornata lavorativa in meno rispetto al secondo trimestre del 2021. La variazione acquisita per il 2022 è quindi pari a +3,5%

Tutti i principali aggregati della domanda interna sono in ripresa

Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in ripresa, con un aumento dell’1,7% sia dei consumi finali nazionali sia degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono aumentate, rispettivamente, del +3,3% e del +2,5%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha fornito un contributo positivo di 1,6 punti percentuali alla crescita del Pil: +1,5 i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, +0,4 gli investimenti fissi lordi, mentre la spesa delle Amministrazioni Pubbliche ha dato un contributo negativo pari a -0,2%. La variazione delle scorte ha contribuito negativamente alla variazione del Pil per -0,3%, così come la domanda estera netta, il cui contributo è risultato pari a -0,2%.

Valore aggiunto di industria e servizi, andamenti congiunturali positivi 

Si registrano poi andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto di industria e servizi, pari rispettivamente all’1,4% e all’1%, mentre l’agricoltura registra una diminuzione del -1,1%. La stima completa dei conti economici trimestrali fa registrare nel secondo trimestre del 2022 una crescita del Pil dell’1,1% in termini congiunturali e del 4,7% in termini tendenziali. Si tratta di stime lievemente al rialzo rispetto alla stima preliminare dello scorso 29 luglio, quando il rilascio mostrava un aumento congiunturale dell’1% e tendenziale del 4,6%.

Tassi di crescita per investimenti e consumi finali nazionali

“Rispetto al trimestre precedente – commenta l’Istat -, tutti i principali aggregati della domanda interna sono risultati in ripresa, con tassi di crescita uguali per il totale degli investimenti e dei consumi finali nazionali (+1,7%), mentre la domanda estera netta ha contribuito negativamente alla crescita del Pil.
Dal punto di vista settoriale – continua l’Istituto -, si conferma rispetto alla stima preliminare una crescita del valore aggiunto dell’industria e dei servizi e una contrazione del valore aggiunto dell’agricoltura. In buona ripresa anche ore lavorate e unità di lavoro, come anche i redditi pro capite e le posizioni lavorative”.

Pubblicato
Categorie: Economy

Per i saldi estivi a luglio il bilancio è negativo

Archiviato il mese di luglio, è tempo di un primo bilancio per l’andamento dei saldi estivi. Il primo luglio è infatti tornato l’appuntamento con i saldi estivi, ma quest’anno le previsioni oscillano tra l’ottimismo legato al ritorno della piena libertà di circolazione e del turismo nazionale e internazionale e le preoccupazioni per la crisi dei prezzi energetici e il peso dell’inflazione. Il bilancio quindi non è roseo, visto che Federazione Moda Italia-Confcommercio registra -10% a livello nazionale rispetto allo scorso anno, con il 54% degli operatori che registrato un calo, il 33% che parla di stabilità e solo il 13% registra un segno più. In ogni caso, secondo le stime dell’Ufficio Studi di Confcommercio, quest’anno per l’acquisto di capi scontati ogni famiglia spenderà in media 202 euro, pari a 88 euro pro capite, per un valore complessivo di 3,1 miliardi di euro.

“I risultati migliori sono quelli che arrivano dallo shopping tourism”

“Dai dati si comprende come sia importante il connubio tra moda e turismo. I risultati migliori sono quelli che arrivano dallo shopping tourism, mentre sul mercato interno la perdita media è a doppia cifra – commenta il presidente Giulio Felloni -. Da questi dati si comprende quanto mai sia necessario e urgente concretizzare quanto abbiamo chiesto, in perfetta sintonia con Confcommercio: la riduzione del cuneo fiscale e dei costi energetici. Sarebbe oltremodo determinante l’intervento del governo sui temi avanzati al Tavolo della Moda sulla riduzione dell’Iva per abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile casa ed articoli sportivi, uno degli elementi essenziali per il rilancio dei consumi prima che sia veramente troppo tardi”.

Il “manuale” dei saldi

Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, Federazione Moda Italia e Confcommercio ricordano alcuni principi base sui saldi. Ad esempio, la possibilità di cambiare il capo dopo l’acquisto è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme. In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo, e nel caso risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.

Prova dei capi: non c’è obbligo

La prova dei capi è invece rimessa alla discrezionalità del negoziante, e quanto ai pagamenti, le carte di credito devono essere sempre accettate da parte del negoziante. Per l’indicazione del prezzo, è obbligo del negoziante indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale.
I capi che vengono proposti in saldo devono poi avere carattere stagionale o di moda, ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. Ma modifiche o adattamenti sartoriali sono a carico del cliente, salvo diversa pattuizione.

Pubblicato
Categorie: Economy