Mercato libero o tutelato? Gli italiani sono confusi 

Quando si parla di fornitura luce e gas molti italiani hanno ancora le idee confuse. Nonostante risparmiare sulle bollette sia una priorità per molte famiglie, secondo l’indagine di Facile.it, commissionata agli istituti mUp Research e Norstat, più di 15 milioni di italiani non sanno nemmeno se il proprio fornitore operi nel mercato libero o in quello tutelato.
“Cambiare fornitore di luce e gas è un’operazione molto semplice, ma va affrontata con attenzione – spiega Mario Rasimelli, Managing Director utilities di Facile.it -, conoscere le caratteristiche base della propria offerta, a partire dal mercato in cui opera la società da cui acquistiamo l’energia, è fondamentale per fare una scelta consapevole. Una valutazione errata può portare a un aumento delle bollette anziché a un risparmio”.

Il 34% non sa se in quale mercato opera il proprio fornitore di gas

Secondo i risultati dell’indagine, emerge che gli italiani hanno le idee più confuse in materia di fornitura di gas. In quest’ambito il 34% degli intervistati ha dichiarato di non sapere se il proprio fornitore opera nel mercato libero o in quello tutelato. A livello territoriale, a conoscere meno la propria offerta sono i residenti nelle regioni del Sud Italia, dove la percentuale arriva addirittura al 40%. La situazione migliora, ma solo di poco, se si guarda all’energia elettrica: in questo caso è 1 italiano su 4 (25%) a non sapere se la propria fornitura sia nel mercato libero o nel regime di tutela. Guardando i dati su base territoriale, invece, emerge che sono soprattutto i residenti nelle regioni del Nord Est ad avere le idee meno chiare (31%).

Conviene passare al mercato libero?

Analizzando le migliori offerte a tariffa indicizzata presenti sul mercato libero, e tenendo in considerazione le stime sull’andamento del prezzo dell’energia dei prossimi mesi, emerge che il passaggio dal mercato tutelato a quello libero può far risparmiare fino al 10,5% sulla fornitura di luce e gas. Nello specifico, considerando la migliore offerta a tariffa indicizzata, il risparmio per chi passa dal regime di tutela al mercato libero è del 2% nel caso del gas, ma arriva fino al 21% per l’energia elettrica. Le stime sono realizzate tenendo in considerazione l’andamento dei prezzi per i prossimi 12 mesi secondo le previsioni fatte da Acquirente Unico.

Un risparmio fino al 10,5% rispetto al regime di tutela

“La fine del mercato tutelato è stata rinviata al 2024, ma il consiglio è di valutare fino da oggi il passaggio al mercato libero, che grazie al calo del prezzo dell’energia, offre ai consumatori prodotti a prezzo variabile che possono far risparmiare fino al 10,5% rispetto al regime di tutela – aggiunge Rasimelli -. Sapere se il fornitore da cui acquistiamo l’energia opera nel mercato libero o in quello tutelato è però il punto di partenza imprescindibile per fare ulteriori valutazioni”.

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Grandi Dimissioni: 3 sviluppatori italiani su 4 vogliono cambiare lavoro

Un settore che non esula dal fenomeno delle Grandi Dimissioni è quello della tecnologia, e a confermarlo sono i professionisti di un ecosistema simbolo del mondo tecnologico: gli sviluppatori di software. Secondo la ricerca The State of Software Development in Italy, condotta da BitBoss, emerge come 3 developer su 4 sarebbero intenzionati a cambiare il proprio posto di lavoro se dovessero emergere nuove opportunità. Il 31,7% dei developer con un regolare contratto di lavoro sarebbe infatti alla ricerca attiva di un posto più in linea con le proprie aspettative, mentre il 42,7% si dice aperto a ogni opportunità che possa portare un miglioramento alla propria vita professionale.

GenZ: reinventarsi come freelance 

In particolare, il 60,9% degli sviluppatori dipendenti della GenerazioneZ dichiara di essere intenzionato a rivedere la propria attuale vita professionale, reinventandosi come freelance, imprenditore o semplicemente cambiando azienda. Solo il 6,5% non ha intenzione di spostarsi dall’attuale luogo di lavoro nel prossimo futuro.
“I dati che abbiamo raccolto non mostrano insoddisfazione da parte degli sviluppatori riguardo al proprio posto di lavoro – afferma Davide Leoncino, co-founder e responsabile marketing di BitBoss -. Al contrario, quasi 8 sviluppatori su 10 si dicono sostanzialmente soddisfatti della propria situazione professionale, tuttavia esiste una forte inclinazione a cercare sempre nuove opportunità”.

Flessibilità lavorativa e stipendi adeguati

Quali sono le condizioni che potrebbero spingere gli sviluppatori a dare una svolta alla propria carriera? Il 76,7% degli sviluppatori dipendenti sarebbe disposto a cambiare posto di lavoro se venisse offerto uno stipendio più alto, mentre per il 45% un avanzamento di carriera rappresenterebbe un fattore fondamentale nella scelta. Il 78,4% degli sviluppatori inoltre afferma di valutare molto più positivamente l’offerta di un nuovo lavoro nel caso in cui l’azienda offra la possibilità di lavorare da remoto, anche in forma ibrida. Assumerebbe un ruolo importante anche la qualità del team di lavoro. Per 4 sviluppatori su 10 lavorare con un team non adeguato basterebbe per cercare nuove opportunità lavorative.

Rimanere al passo con le nuove tecnologie

Quanto al mondo degli sviluppatori freelance, il 79,6% non è disposto a sacrificare la propria libertà in favore di un contratto di lavoro in azienda a tempo indeterminato. La flessibilità di luogo e orario di lavoro è un valore fondamentale per il 76,7% dei developer freelance, mentre la libertà di poter scegliere in autonomia i propri clienti e progetti è imprescindibile per 1 sviluppatore su 2. Inoltre, la capacità di rimanere al passo con le nuove tecnologie e innovazioni è un tema fondamentale per poter analizzare la predisposizione dei professionisti del codice a cambiare la propria vita professionale. Tanto che il 95,9% degli sviluppatori ritiene di avere tutte le competenze necessarie per riadattarsi e riuscire a trovare una nuova occupazione in breve tempo, anche mettendo in conto un periodo di formazione o aggiornamento.

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I trend della Mobilità condivisa nel 2023

Raggiungimento degli obiettivi climatici, inversione di tendenza del traffico e città senza auto sono solo alcuni esempi delle sfide che richiedono soluzioni di mobilità innovative. Ma quali sono i trend che muoveranno l’industria della mobilità nel 2023? E in che modo la tecnologia contribuirà a nuove soluzioni per il trasporto? Gli esperti di mobilità condivisa di Invers hanno individuato cinque tendenze. Le cifre del car sharing nel 2022 mostrano una crescita costante del mercato: “Ci aspettiamo che il mercato del car sharing cresca di almeno il 20%”, afferma Bharath Devanathan, Chief Business Officer di Invers.

Ma i piani di espansione sono evidenti anche nei recenti sviluppi del mercato, come l’acquisizione di WeShare da parte di Miles e di ShareNow da parte di Stellantis/Free2Move.

Attenzione rivolta alla redditività

Allo stesso tempo, aumenterà la pressione sugli operatori affinché diventino redditizi. Nel mercato della micromobilità condivisa si prevede che gli operatori si ritirino ulteriormente dalle città meno redditizie per concentrarsi sui mercati più redditizi. Per aumentare la redditività, alcuni operatori di car sharing stanno esternalizzando compiti operativi su larga scala a fornitori di servizi specializzati, altri si stanno concentrando sull’aumento dell’utilizzo dei veicoli, offrendo un veicolo su piattaforme MaaS o in modelli di business complementari (carsharing aziendale durante la settimana e carsharing peer-to-peer nel fine settimana). Nuovi concetti di condivisione della flotta e API unificate supporteranno questo approccio.

Periodi di noleggio più lunghi e ancora più sostenibili

Continua la tendenza, sebbene ancora giovane, ad abbonarsi all’auto. I fornitori tradizionali di car sharing stanno andando oltre il noleggio a breve termine e si rivolgono al mercato a lungo termine. Inoltre, si rivolgono a nuovi segmenti di clientela e contrastano i rischi monitorando i dati di utilizzo dei veicoli e interrompendo l’accesso se necessario. Se il car sharing è già più sostenibile dell’utilizzo di veicoli privati, i servizi di car sharing di numerosi operatori saranno sempre più elettrici. Nella città di Amburgo, ad esempio, le società di car sharing Miles, ShareNow, Sixt e WeShare hanno concordato di aumentare la percentuale di veicoli elettrici delle flotte ad almeno l’80% entro il 2023/24.

Le città e l’edilizia riconoscono il potenziale del car sharing

L’idea della mobilità condivisa sta acquisendo importanza anche nell’edilizia residenziale, con numerosi costruttori che stanno integrando soluzioni di mobilità condivisa nelle offerte. Il vantaggio? Invece di un certo numero di posti auto per unità residenziale, possono fornire spazio solo per un numero minore di veicoli in condivisione.

Questa tendenza è particolarmente evidente nei Paesi Bassi, in Germania e in Italia. Inoltre, singole città e comuni stanno promuovendo i concetti di condivisione attraverso politiche più favorevoli al car sharing, soprattutto per quanto riguarda le tariffe dei parcheggi. In molti casi si collegano tali politiche alla promozione della mobilità elettrica. Colonia, Amburgo e Monaco offrono già parcheggi gratuiti per i veicoli elettrici, accelerando la tendenza verso flotte di veicoli elettrici puri.

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Le aziende europee devono ancora attrezzarsi per il lavoro ibrido “sicuro”

La maggior parte delle aziende europee non è ancora pronta per affrontare la sfida legata alla sicurezza informatica negli ambienti di lavoro ibrido e da remoto. E la difficoltà a implementare misure preventive di protezione dei dati in questi ambienti riguarda anche le aziende italiane.
Secondo una ricerca condotta da Canon le principali fonti di preoccupazione si riferiscono alla difficoltà nella gestione degli aggiornamenti da remoto, del comportamento dei dipendenti e dei dati off-site. Difficoltà riconducibili prevalentemente al non disporre di soluzioni e strumenti adatti a garantire livelli di protezione adeguati alle minacce informatiche. Tra i primi ostacoli riscontrati, la scarsa cultura sulla prevenzione.

La difficoltà nel fornire ai lavoratori patch e aggiornamenti IT 

L’82% degli ITDM italiani (79% a livello europeo) incontra continuamente difficoltà nel fornire ai lavoratori da remoto le patch e gli aggiornamenti IT necessari a garantire sicurezza, mentre il 76% (77% in Europa) ritiene che i dipendenti, quando si trovano fuori sede, non rispettino le policy di sicurezza. La protezione dei documenti sensibili stampati e gestiti dai dipendenti a casa è un altro punto dolente: il 77% degli ITDM italiani (75% Europa) ha difficoltà a configurare in modo adeguato stampanti e scanner remoti, mentre il 77% (73% Europa) è preoccupato poiché i dipendenti non gestiscono con la dovuta sicurezza i dati stampati da tali dispositivi.

I problemi di conformità con il GDPR

A fronte di queste criticità nella sicurezza, l’82% delle aziende italiane (70% a livello europeo) fatica a tenere il passo con il regolamento GDPR, e il 51% (46% a livello europeo) ha riscontrato problemi di conformità e di audit sulla sicurezza informatica.
Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che solo il 18% delle aziende italiane (in linea con il dato europeo) attualmente è in grado di tracciare l’intero ciclo di vita di un documento, dall’accesso alla condivisione fino alla cancellazione, passando per la stampa e l’archiviazione. I dati sono pertanto esposti al rischio di intrusioni e attacchi.

Le funzionalità di sicurezza integrate in scanner e stampanti

A fronte di tali problematiche emerge l’attenzione nei confronti delle funzionalità di sicurezza integrate in scanner e stampanti come priorità per le aziende. Il 91% degli ITDM italiani (82% a livello europeo) concorda nel dire che ciò potrebbe rappresentare un elemento di attenzione per i futuri acquisti. Per proteggersi da ulteriori minacce e soddisfare le aspettative di conformità al GDPR, il 93% (82% a livello europeo) ritiene interessanti i prodotti dotati di funzioni di sicurezza, mentre l’89% (83% a livello europeo) è interessato a soluzioni che aggiungano valore all’investimento. Come ad esempio, riporta Adnkronos, quelle che forniscono controlli dello stato di efficienza della sicurezza, o i servizi di cancellazione dei dati.

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Investimenti nel digitale: in Italia +2,1% nel 2023 

Secondo la ricerca degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, dopo l’aumento del 2022 (+4%), per il 2023 si stima un rialzo del 2,1% dei budget ICT delle imprese italiane, comprese le Pmi (+2,4%). Le grandi imprese concentreranno gli investimenti su Sistemi di Information Security (50%), Business Intelligence, Big Data e Analytics (46%) e Cloud (30%), Software di profilazione e gestione dei contatti (CRM) e Software Gestionali (ERP). Ma il digitale è anche lo strumento per supportare i processi di transizione sostenibile. Il 29% delle Pmi e il 65% delle grandi imprese investe nel digitale per raggiungere obiettivi in questo ambito. In particolare, con sistemi di Big Data e Analytics, soluzioni di Industria 4.0 e tecnologie per lo smart working.

Aumentano i budget ICT

Nel 2023 il 43% delle grandi o grandissime imprese e il 43% delle Pmi aumenteranno i budget per le tecnologie digitali, un incremento trainato dalle imprese di taglia media. Si conferma la propensione a dedicare budget per l’innovazione digitale anche in altre funzioni esterne alla Direzione ICT, come fa già il 61% delle grandi imprese.
Il 41% delle imprese ha già definito una Direzione Innovazione o un singolo ruolo dedicato alla gestione dell’innovazione, sempre più spesso posizionata in stretto rapporto con il vertice aziendale. Ma è centrale anche integrare gli spunti di innovazione con i bisogni delle aree di business: più del 50% delle grandi imprese ha già definito ruoli di Innovation Champion. Nelle Pmi sono ancora rari ruoli dedicati all’Innovazione Digitale (8%), prediligendo una gestione occasionale (60%), o il ricorso a consulenti esterni (13%).

Come misurare l’impatto dell’innovazione in azienda?

Le grandi imprese identificano tra le principali sfide future la necessità di comprendere come misurare in modo efficace l’impatto portato dall’innovazione in azienda. Solo l’8% ha però già definito modelli strutturati di misurazione. Tra le dimensioni misurate spiccano i risultati di business e il consumo di risorse impiegate nei processi di innovazione, elementi di più facile e immediata quantificazione. Grandi imprese e Pmi si dedicano poi in maniera sempre più diffusa all’adozione di meccanismi per stimolare l’ecosistema esterno di innovazione, e oggi l’83% delle grandi imprese adotta pratiche di Open Innovation. 

Open Innovation e collaborazione

A riprova di questa diffusione, il 45% delle grandi imprese già possiede un budget dedicato all’Open Innovation. Tra le azioni inbound più adottate, le collaborazioni con Università e Centri di Ricerca (67%), attività di scouting e intelligence di start up (52%), Partner scouting su imprese consolidate (46%), Call4ideas o Call4startup (37%) e Hackathon (36%).
Poco diffusi, seppur in crescita, i fondi di Corporate Venture Capital per investire nell’equity di startup (8%). Anche tra le Pmi l’adozione di Open Innovation è in crescita costante, seppur interessi ancora solo il 44% di esse.
Il 52% delle grandi imprese collabora già attivamente con startup, mentre il 24% ha in programma di farlo in futuro. Tra le Pmi l’11% già collabora e 24% ha in programma di farlo.

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Conosci i piatti doccia in mineralmarmo?

Il mineralmarmo è un pregiato materiale, composto per ¾ da minerali naturali, in prevalenza dolomite, ed una resina naturale.

Esso è sempre più presente nelle nostre case, soprattutto in bagno dato che è impiegato per la realizzazione di piatti doccia ma anche sanitari, colonne e vasche da bagno.

Si tratta di un materiale che ha la grande capacità di creare un perfetto connubio tra necessità estetiche e resistenza, dunque design e durata nel tempo.

Vediamo allora di seguito quali possono essere i principali vantaggi dell’ adoperare il mineralmarmo e quali le eventuali controindicazioni.

Mineralmarmo: vantaggi e svantaggi

Per quel che riguarda i vantaggi dell’adoperare prodotti in mineralmarmo, possiamo certamente citare, come già accennato, la loro grande resistenza e dunque durata nel tempo.

Proprio per questa caratteristica infatti, il mineralmarmo viene adoperato anche all’aperto e dunque nei luoghi pubblici.

Il design è inoltre chiaramente un altro punto a favore, dato che l’estetica che i prodotti realizzati con questo materiale offrono è davvero interessante e accattivante.

Bisogna inoltre considerare che si tratta di un materiale particolarmente facile da pulire: basta infatti una piccola spugna ed un po’ di sapone naturale per pulire efficacemente il mineralmarmo, motivo per il quale non bisogna preoccuparsi per quel che riguarda la sua manutenzione ordinaria.

Non ci sono particolari svantaggi o controindicazioni per quel che riguarda l’utilizzo del mineralmarmo, se non il fatto che questo materiale teme ciò che è particolarmente abrasivo, come determinati tipi di spugne che vanno evitate, o i prodotti piuttosto acidi per la pulizia che vanno evitati proprio perché aggressivi.

Un materiale con un buon rapporto qualità prezzo

Il mineralmarmo è un materiale che ha un rapporto qualità prezzo molto centrato, dunque ideale anche per chi ha un budget alquanto ridotto.

Tra l’altro sono disponibili in commercio prodotti in mineralmarmo di qualsiasi tipologia, dimensione e forma.

Questo fa sì che tale materiale sia oggi ampiamente diffuso ed abbia sostituito in parte la ceramica, anche nei box doccia, grazie soprattutto alle sue caratteristiche che, oltre ad una innata resistenza, gli conferiscono anche un’ottima lucidità ed estetica in generale.

Come sempre, ad ogni modo, non c’è una soluzione migliore delle altre ma tutto dipende da quello che desideriamo ottenere.

Da questo punto di vista il settore offre comunque tantissime idee e prodotti che sono in grado di accontentare i desideri di ciascuno, sia dal punto di vista funzionale che da quello estetico.

Qual è la differenza tra mineralmarmo e ceramica?

La differenza più importante tra il mineralmarmo e la ceramica è che il primo è più resistente sia agli urti che ai graffi, ed in ogni caso è possibile rimediare ad eventuali segni accidentali (cosa che non è possibile fare con la ceramica).

La ceramica offre invece resistenza ai prodotti acidi, ma da questo punto di vista è sufficiente non adoperarli per evitare di compiere un’azione incauta.

Inoltre, aspetto questo da non sottovalutare, nel mineralmarmo è sempre possibile ripristinare la lucidatura iniziale che eventualmente si va perdere nel tempo.

Dunque questo prodotto anche a distanza di anni può tornare ad essere lucido e splendente come quando appena acquistato.

È consigliabile acquistare un piatto doccia in mineralmarmo?

Considerando quanto sopra, certamente un piatto doccia in mineralmarmo è un ottimo investimento.

Sarà infatti veramente difficile danneggiarlo, sebbene gli incidenti domestici (ad esempio un oggetto pesante che cade di mano) capitino, ed inoltre è sempre possibile ripristinare la lucentezza iniziale mediante un apposito trattamento.

Infine è anche possibile rimediare ad eventuali graffi, e la resistenza generale all’usura che questo materiale è in grado di garantire è veramente di alto livello.

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Dispositivi tecnologici vintage, quali mancano di più agli italiani?

La cabina telefonica, ma anche il Gameboy e il mangianastri per ascoltare le cassette musicali. Sono alcuni dei dispositivi tecnologici vintage che, anche se sembrano appartenere a un’altra era geologica, maggiormente mancano gli italiani. Un po’ a sorpresa, i nostri connazionali sono dei nostalgici, e rimpiangono gli oggetti d’antan. Alcuni oggetti tech del passato sono evidentemente entrati nel nostro cuore tanto che vorremmo tornassero in auge. Per scoprire quali siano i preferiti, Facile.it ha esplorato questo argomento e ha commissionato un’indagine specifica agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat. 

I primi tre posti in classifica vanno a…

Al primo posto degli oggetti del passato che gli italiani vorrebbero far tornare in auge c’è la cabina telefonica, indicata dal 33,3% dei rispondenti. Sebbene non siano mai diventate un simbolo nazionale come invece accaduto oltremanica, evidentemente questi oggetti hanno fatto breccia nel cuore di molti italiani e, curiosamente, in particolare tra i più giovani; tra gli under 24 la percentuale dei “nostalgici” sale al 36,1% e al 36,9% tra i 25-34 enni. Forse perché non hanno mai avuto il “piacere” di fare ore di coda per aspettare il proprio turno o vedere la chiamata interrotta all’improvviso perché erano finiti i gettoni. Al secondo posto si posiziona il lettore mp3, con una percentuale di nostalgici pari al 26,9%. Il primo lettore mp3 risale al 1998 (l’MPMan di origine sudcoreana), ma il vero boom per questo dispositivo è arrivato dopo il 2001 a seguito del lancio sul mercato dell’iPod di casa Apple e delle numerose reinterpretazioni fatte dalle altre società tech. Non è stato solo un vero e proprio oggetto icona per i primi anni 2000, ma ha contribuito a rivoluzionare l’industria discografica traghettandola dal mondo analogico a quello digitale.
Sul gradino più basso del podio si posiziona un oggetto cult per tutti gli amanti dei videogiochi, il Gameboy, indicato dal 21,1% dei rispondenti. La console portatile di casa Nintendo è stata prodotta, nella sua prima versione, tra l’89 e il 2003 ed è stata una delle più vendute di sempre, con oltre 100 milioni di copie in tutto il mondo. Un vero e proprio must have per i ragazzi dell’epoca e ancora tanto amato, anche dai più giovani, tanto è vero che, guardando all’indagine, la percentuale di nostalgici sale addirittura al 47,4% tra i rispondenti con età compresa tra i 18 e i 24 anni.

Nostalgia per il Walkman

Al quarto posto della classifica degli oggetti tecnologici del passato che vorremmo tornassero in auge si posiziona il Walkman, con il 19,7% delle preferenze. Il dispositivo di casa Sony, diventato per antonomasia il mangiacassette portatile, è arrivato sul mercato nel 1979 e ha contribuito a rivoluzionare il modo di ascoltare musica di un’intera generazione, gettando le basi per i suoi successori, da cui fu spodestato: il lettore CD portatile prima e il lettore MP3 dopo. Subito dietro al Walkman si posiziona quello che può esserne considerato il “cugino” maggiore, ovvero il mangianastri, oggetto che vorrebbero tornasse in auge il 18,8% dei partecipanti all’indagine. Al sesto posto della classifica c’è il registratore VHS, con il 18,6% delle preferenze. Scendendo i vari gradini della hit, si posizionano nell’ordine: il proiettore di diapositive (18,3%), la radiolina (16,7%), lo Scacciapensieri (il “Game & Watch” della Nintendo – 9%), il cercapersone (7,7%), il floppy disk (7,3%), il Blackberry (7,1%) e la Tv a tubo catodico (3,4%).

Natale 2022: quest’anno acquisti digitali in anticipo 

Il 2022 sta volgendo al termine, e in questi ultimi mesi prima delle festività natalizie non si parla di acquisti dell’ultimo minuto, ma di una anticipazione già a inizio novembre nelle ricerche dei regali da porre sotto l’albero. Complice l’inflazione in aumento e la scarsità di forniture, il comportamento dei consumatori è cambiato rispetto allo scorso anno, e la prima evidenza è l’atteggiamento degli acquirenti, ora più preparati al risparmio dopo i difficili avvenimenti di questi ultimi anni. Si stima infatti che durante il Black Friday e il Cyber Monday il 78% dei consumatori abbia speso la metà del proprio budget per i regali di Natale, per un volume totale di vendite online stimate in aumento del 72% tra lunedì 19 novembre e il 25 novembre.
Un’attitudine sostenuta anche da Calicantus, che ha fatto il punto sui comportamenti di acquisto più rilevanti in vista del Natale.

L’integrazione di negozi digitali e fisici

“Le persone preparano il terreno alla corsa ai regali tramite il digitale, che permette di pianificare gli acquisti dei prodotti con settimane di anticipo”, afferma Valentino Bergamo, ceo di Calicantus. È un vantaggio temporale che si estende anche nella sinergia tra i canali di acquisto, ovvero, tra il negozio fisico, il marketplace digitale e lo shop online.
Infatti è l’omnicanalità il secondo tema di grande interesse, che ha preso piede dopo che la pandemia aveva fortemente limitato l’esperienza di acquisto nei punti vendita fisici da parte degli utenti. La ripresa dell’operatività dei negozi quest’anno richiama un numero maggiore di visitatori, rendendo quindi indispensabile l’integrazione di negozi digitali e fisici. 

I consumatori arriveranno in negozio in maniera mirata

Secondo una ricerca di Adyen e KPMG, il 63% degli italiani preferisce acquistare presso retailer che utilizzano la tecnologia per migliorare l’esperienza di acquisto sinergicamente online e offline. Di fatto, il retail fisico influenza oggi gli ordini via web, e la fusione tra store digitale e tradizionale aumenterà progressivamente il valore di ciascun canale. Inoltre, anche la sostenibilità entra nel podio delle tematiche di grande importanza per questo Natale 2022: “grazie all’esperienza digitale, i consumatori giungeranno in negozio in maniera mirata, evitando così sprechi di tempo e di carburante”, ribadisce Bergamo.

Principi etici e ricerca del valore guidano lo shopping

Secondo Salesforce la fiducia nelle aziende che pongono attenzione al rispetto per l’ambiente nelle fasi di produzione richiamerà l’attenzione dell’83% dei consumatori di tutto il mondo, mentre il 64% si allontanerà dai marchi che non rispecchiano i valori condivisi dalla popolazione. Principi etici e ricerca del valore sembrano dunque guidare i consumatori nello shopping per le prossime festività. Ma secondo un’altra ricerca di Google il 75% degli acquirenti non è disposto a rinunciare alla qualità, nonostante le grandi sfide economiche e sociali dei nostri tempi.

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I consumatori italiani vogliono essere phygital

Secondo il 65% degli italiani, la maggior parte dei brand e dei retailer è ancora lontana dall’offrire un buon livello di soluzioni integrate tra canale fisico e online. I consumatori italiani, invece, cercano un’esperienza congiunta tra canale fisico e digitale. In pratica, sono sempre più phygital. Ad esempio, per quasi la metà degli italiani (47%) il bisogno di rassicurazione nella fase post-vendita viene infatti soddisfatta anche dall’online, che supplisce alla mancanza di ‘fisicità’ con regole chiare e codificate.
Il punto vendita fisico è invece nettamente preferito per fare la spesa alimentare. Gli aspetti più graditi? La possibilità di vedere e toccare con mano i prodotti, poterli avere subito, e poter interagire con il personale di vendita.

L’acquisto online attiva maggiormente le leve del desiderio

È quanto emerge da Gli italiani e le esperienze di acquisto Phygital, la ricerca di BVA Doxa in collaborazione con Salesforce Italia. I driver di scelta che spingono a fare spese in digitale sono la possibilità di avere prezzi migliori e offerte convenienti (61%), e la comodità di effettuare gli acquisti da casa (58%). Molto gradita anche la possibilità di orientarsi nella scelta leggendo recensioni e valutazioni di altri utenti (44%). L’acquisto online è in grado di attivare maggiormente le leve del desiderio e dell’immaginazione (45%), e solo il 7% ritiene che il canale fisico faccia viaggiare con l’immaginazione nella fase di scelta. Entrambi i canali sono in grado di far nascere il ‘colpo di fulmine’ per un prodotto, ma per il 33% il canale digitale rischia di deludere più facilmente le aspettative (9%).

Le soluzioni di acquisto integrate più richieste

La soluzione di acquisto integrata più richiesta è la possibilità di acquistare un prodotto online per poi scegliere la modalità di ritiro/consegna in negozio/a casa (97%). Tra le altre azioni phygital più gradite sono molto apprezzate la possibilità di guardare e confrontare i prodotti da casa (95%), e conoscere quali siano immediatamente disponibili nello store (90%). Ma se le soluzioni phygital incontrano il gradimento del 96% del campione esiste ancora una quota di consumatori che ritiene i negozi ancora non del tutto in grado di offrire questo tipo di servizi. Solo il 21% dichiara che i negozi hanno realizzato gran parte di queste soluzioni.

I comportamenti del customer journey

Quando si considera il customer journey la maggioranza degli italiani già oggi mette in atto comportamenti phygital per gli acquisti. La diffusione di questi comportamenti di acquisto integrati è più marcata per alcune categorie di prodotti: elettronica (52%), grandi e piccoli elettrodomestici (47%) e capi di abbigliamento (43%). Tra i vantaggi individuati nel muoversi in modo soddisfacente tra online e fisico, emergono la possibilità di avere un’esperienza d’acquisto più consapevole e informata (57%), un customer journey più comodo (57%), usufruire di una soluzione in grado di adattarsi alle proprie esigenze (54%), e una maggiore sicurezza negli acquisti (51%).

GenZ, Millennials e le elezioni 2022: come si sono espressi? 

Le analisi post-voto di Ipsos, effettuate dal team di Public Affairs dopo le elezioni politiche dello scorso 25 settembre, rivelano come ogni partito risulti più o meno attrattivo da specifiche categorie o fasce sociali. Emergono evidenti differenze di atteggiamento verso la politica tra i giovanissimi fino ai 26 anni (GenZ) e i giovani adulti tra i 27 e 41 anni (Millennials). Se tra i GenZ, ad esempio, FdI ha un consenso molto limitato, tra i Millennials questo si avvicina sensibilmente al dato medio nazionale. Millennials e GenZ premiano poi il M5S, sovrarappresentato di diversi punti per entrambe le generazioni, così come SI/Verdi, anche se molto più tra la GenZ.

I partiti e l’astensione

Al contrario, su partiti come Lega e IV/Azione il giudizio è opposto: la Lega (e in parte Forza Italia) è più votata rispetto alla media nazionale da Millennials e meno dalla GenZ, mentre il contrario è vero per il terzo polo. Un’altra costante poi è la scarsa attrattività del PD. Il livello di astensione tra la GenZ si colloca poco sotto alla media nazionale (35%), superiore solo a quella dei Boomers (30%). Significativamente più alta l’astensione di Millennials e GenX (45% e 40%). In generale, la GenZ ha una visione più ottimista e fiduciosa, mentre i Millennials sono molto più arrabbiati e percepiscono un sentimento di esclusione sociale, che si riversa sui livelli di interesse e partecipazione.

Due modi diversi di vivere la democrazia

L’atteggiamento più positivo e ottimista della GenZ per la democrazia si riflette anche sulla validità del progetto europeo (messa in discussione dal 36% dei GenZ, dal 46% dei Millennials e dal 47% della GenX) e sull’interesse per la politica (su una scala da 1 a 10, il voto medio è 5,9 per la GenZ e 4,8 per i Millennials). L’unico elemento che accomuna le due generazioni e le contrappone a Boomers (nati tra 1946-1964) e Silent (1928-1945) è il tema delle ‘nuove famiglie’: entrambe rifiutano nettamente l’idea che l’unica ‘vera’ famiglia sia quella ‘tradizionale’, un’idea invece maggioritaria nella popolazione più anziana.

Il confronto con le altre generazioni

Nel suo ottimismo, la GenZ assume un profilo di attitudini simile alle generazioni più anziane, in particolare nell’interesse verso la politica. Sono infatti GenZ, Boomers e Silent le generazioni dove questo dato raggiunge la sufficienza, mentre Millennials e GenX sono decisamente più in basso. Le fasce di età intermedie (tardi Millennials e GenX) sono le più propense all’astensione o al voto di protesta. Nel corso degli ultimi 20-30 anni si è assistito a un decadimento del dibattito pubblico e una trasformazione della politica da scontro di ideali/valori a un confronto privo di visioni e aspirazioni. La GenZ non ha vissuto questo decadimento, e rivela un minore attaccamento a partiti e ideologie.

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