Investimenti nel digitale: in Italia +2,1% nel 2023 

Secondo la ricerca degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, dopo l’aumento del 2022 (+4%), per il 2023 si stima un rialzo del 2,1% dei budget ICT delle imprese italiane, comprese le Pmi (+2,4%). Le grandi imprese concentreranno gli investimenti su Sistemi di Information Security (50%), Business Intelligence, Big Data e Analytics (46%) e Cloud (30%), Software di profilazione e gestione dei contatti (CRM) e Software Gestionali (ERP). Ma il digitale è anche lo strumento per supportare i processi di transizione sostenibile. Il 29% delle Pmi e il 65% delle grandi imprese investe nel digitale per raggiungere obiettivi in questo ambito. In particolare, con sistemi di Big Data e Analytics, soluzioni di Industria 4.0 e tecnologie per lo smart working.

Aumentano i budget ICT

Nel 2023 il 43% delle grandi o grandissime imprese e il 43% delle Pmi aumenteranno i budget per le tecnologie digitali, un incremento trainato dalle imprese di taglia media. Si conferma la propensione a dedicare budget per l’innovazione digitale anche in altre funzioni esterne alla Direzione ICT, come fa già il 61% delle grandi imprese.
Il 41% delle imprese ha già definito una Direzione Innovazione o un singolo ruolo dedicato alla gestione dell’innovazione, sempre più spesso posizionata in stretto rapporto con il vertice aziendale. Ma è centrale anche integrare gli spunti di innovazione con i bisogni delle aree di business: più del 50% delle grandi imprese ha già definito ruoli di Innovation Champion. Nelle Pmi sono ancora rari ruoli dedicati all’Innovazione Digitale (8%), prediligendo una gestione occasionale (60%), o il ricorso a consulenti esterni (13%).

Come misurare l’impatto dell’innovazione in azienda?

Le grandi imprese identificano tra le principali sfide future la necessità di comprendere come misurare in modo efficace l’impatto portato dall’innovazione in azienda. Solo l’8% ha però già definito modelli strutturati di misurazione. Tra le dimensioni misurate spiccano i risultati di business e il consumo di risorse impiegate nei processi di innovazione, elementi di più facile e immediata quantificazione. Grandi imprese e Pmi si dedicano poi in maniera sempre più diffusa all’adozione di meccanismi per stimolare l’ecosistema esterno di innovazione, e oggi l’83% delle grandi imprese adotta pratiche di Open Innovation. 

Open Innovation e collaborazione

A riprova di questa diffusione, il 45% delle grandi imprese già possiede un budget dedicato all’Open Innovation. Tra le azioni inbound più adottate, le collaborazioni con Università e Centri di Ricerca (67%), attività di scouting e intelligence di start up (52%), Partner scouting su imprese consolidate (46%), Call4ideas o Call4startup (37%) e Hackathon (36%).
Poco diffusi, seppur in crescita, i fondi di Corporate Venture Capital per investire nell’equity di startup (8%). Anche tra le Pmi l’adozione di Open Innovation è in crescita costante, seppur interessi ancora solo il 44% di esse.
Il 52% delle grandi imprese collabora già attivamente con startup, mentre il 24% ha in programma di farlo in futuro. Tra le Pmi l’11% già collabora e 24% ha in programma di farlo.

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Più di 33 milioni di italiani hanno acquistato online nell’ultimo trimestre

Negli ultimi tre mesi del 2022 sono 33,3 milioni gli italiani che hanno fatto acquisti online, +9,6 milioni rispetto al periodo pre-pandemia. Un trend che proietta per il 2022 una crescita del +14%, per un valore di 45,9 miliardi di euro. Lo indica l’ultima indagine dell’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, che evidenzia come grazie ai segnali di ripresa già evidenziati lo scorso anno gli acquisti di prodotto hanno segnano un +10% rispetto al 2021, arrivando a 40 miliardi, mentre i servizi valgono 11,9 miliardi, +28% rispetto al 2021.
Con questi risultati la penetrazione dell’online sul totale acquisti Retail di prodotti e servizi nel corso dell’anno dovrebbe superare l’11%.

Food&Grocery il più dinamico, Abbigliamento e Informatica rallentano

Fra i prodotti, i settori più maturi rallentano il proprio percorso di crescita, come l’Abbigliamento (+10% rispetto al 2021) e l’Informatica & Elettronica di consumo (+7%), mentre il Food&Grocery si conferma il comparto più dinamico anche nel 2022, con una crescita del +17% anno su anno.
Quanto al mercato dei servizi, seppur ancora lontano dal valore 2019, cresce in seguito ai risultati incoraggianti del Turismo e trasporti (+33%) e degli Altri servizi (+35%), soprattutto grazie alle performance molto positive del Ticketing per eventi.

Il device preferito è lo smartphone

Secondo l’Osservatorio a prevalere sono gli acquisti con sistemi di pagamento digitale al momento dell’ordine, che rappresentano quasi il 90% del totale, mentre scende l’uso di contante o bonifico, sia online sia nei negozi fisici. Lo smartphone si conferma come il device preferito per fare acquisti online: nel 2022 il 55% del valore e-commerce, un dato in linea con l’anno passato, passa attraverso questo canale.
“Siamo ormai andati ben oltre l’accezione dell’e-commerce inteso come ‘shopping online‘ – ha commentato Roberto Liscia, Presidente di Netcomm -. Stiamo vedendo come questo settore abbia un impatto decisivo, non tanto in termini di penetrazione sul totale retail, bensì in quanto volano indispensabile per lo sviluppo dell’economia italiana”.

“Le aziende devono rispondere con prontezza alle esigenze dei consumatori”

“Per questo l’e-commerce rappresenta oggi un vero e proprio ecosistema, e come tale va trattato e regolamentato, secondo un approccio che tenga conto sia del contesto globale nel quale le imprese italiane operano, sia delle peculiarità che caratterizzano lo scenario digitale globale – ha aggiunto Roberto Liscia -. Siamo di fronte a un momento storico decisivo per la trasformazione dei modelli di business delle aziende, che devono rispondere con prontezza alle esigenze dei consumatori italiani, sempre più digitali, che non sono disposti a tornare indietro, ma che, anzi, chiedono un’esperienza di acquisto sempre più su misura”.

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In Italia il mercato IoT cresce del 22% e supera i livelli pre-pandemia

Nel 2021 il mercato dell’Internet of Things in Italia è cresciuto del +22% i un anno, superando i livelli pre-Covid e raggiungendo 7,3 miliardi di euro. Grazie alle grandi quantità di dati raccolti da oggetti connessi, evolve l’offerta di soluzioni IoT, con nuovi servizi di valore. Non a caso, il valore dei servizi raggiunge quota 3 miliardi di euro, circa il 40% del mercato IoT complessivo (+25%). Da quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia gli oggetti connessi attivi sono 110 milioni. A fine 2021 sono 37 milioni le connessioni IoT cellulari (+9%) e 74 milioni le connessioni abilitate da altre tecnologie di comunicazione (+25%). Tra queste, una spinta significativa arriva dalle reti LPWA (Low Power Wide Area), che in un anno raddoppiano, passando da 1 a 2 milioni di connessioni.

Dal PNRR 29,78 miliardi di euro di risorse

La spinta maggiore sul mercato viene data proprio delle applicazioni che utilizzano tecnologie di comunicazione non cellulari (3,9 miliardi di euro, +30%). Crescita più contenuta (+6%, 3,4 miliardi) per le applicazioni che sfruttano la connettività cellulare. Ma grandi opportunità per l’IoT si aprono con il PNRR. Molti degli investimenti previsti all’interno del Piano riguardano ambiti in cui l’IoT può giocare un ruolo chiave, dalla Smart Factory alla Smart City, passando per lo Smart Building e l’Assisted Living, per 29,78 miliardi di euro di risorse complessive. 

Industrial IoT: si riduce il gap tra grandi imprese e Pmi

L’80% delle grandi aziende ha attivato servizi a valore aggiunto basati sull’IoT (+4% rispetto al 2020). Tuttavia, se da un lato le grandi aziende hanno ben chiare le potenzialità di tali misure, dall’altro le Pmi non sanno fornire un parere in relazione a tale tematica (28%). La dimensione aziendale determina anche il livello di conoscenza delle applicazioni di Industrial IoT. Se infatti il 96% delle grandi aziende dichiara di conoscere le soluzioni IoT per l’Industria 4.0, solo il 46% delle Pmi ne ha sentito parlare. Il 69% delle grandi aziende ha avviato almeno un progetto, mentre solo il 27% delle Pmi ha fatto altrettanto. Rispetto al 2020 si registra una lieve riduzione del gap esistente tra grandi imprese e Pmi in termini di conoscenza (-3%) e a un lieve aumento per quanto riguarda la diffusione dei progetti (+3%).

Verso un protocollo per la Smart Home

Le tecnologie Low Power Wide Area (LPWA) in banda non-licenziata sono sempre più adottate per lo sviluppo di soluzioni IoT, in virtù di una maturità tecnologica che si sta consolidando e di una diffusione sempre più ampia. Sul fronte dell’interoperabilità, prosegue l’evoluzione delle tecnologie abilitanti e il rafforzamento degli ecosistemi. In particolare, nel corso del 2021 si è consolidato lo sforzo delle aziende membri della Connectivity Standard Alliance (CSA) verso la stesura delle specifiche di Matter, il nuovo protocollo per l’interoperabilità della Smart Home. Le prime dimostrazioni, presentate al CES di Las Vegas a inizio 2022, testimoniano il buon livello di avanzamento delle specifiche definite a oggi, e la crescente maturità della tecnologia a supporto degli standard presenti sul mercato.

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Studiare matematica e fisica favorisce il pensiero algoritmico dei ragazzi?

Uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Complex Networks (Oxford University Press) ha quantificato l’abilità dei maturandi di pensare in termini di dati, modelli e simulazioni sul mondo che li circonda. E i risultati evidenziano nuove sfide per la scuola del futuro. Gli studenti di oggi saranno i lavoratori del futuro, e il mercato futuro richiederà infatti competenze sempre più legate all’informatica e al mondo dei big data, ambiti ora più che mai alla ribalta anche per la situazione pandemica globale. I dati quindi sono e saranno una risorsa fondamentale, e saperli gestire una competenza molto richiesta dal mercato del lavoro. Che gli studenti italiani sappiano “contare” si sa, ma come se la cavano con il pensiero algoritmico?

Mancano alcuni ‘tasselli’ nella mente dei giovani studenti

La ricerca, svolta in collaborazione con la New York Hall of Science e la HSE University, evidenzia alcune criticità nel modo di percepire i dati e gli algoritmi da parte degli studenti italiani esposti a programmi didattici intensivi di matematica, fisica e scienze della vita. Confrontando il modo di pensare di oltre 200 tra studenti di scuola superiore e ricercatori internazionali in data science, lo studio ha evidenziato alcuni ‘tasselli’ mancanti nella mente dei giovani studenti, soprattutto nell’ambito del cosiddetto pensiero algoritmico.

Serve una forma mentis adatta a identificare metodi per estrarre informazioni

“Il pensiero algoritmico è l’abilità di ragionare sul mondo in termini di dati, modelli e predizioni – spiega il dottor Massimo Stella, professore di Data Science alla University of Exeter (UK) e primo autore dello studio -. Non si tratta di possedere competenze, come saper risolvere integrali e derivate, ma piuttosto di possedere una forma mentis adatta a identificare metodi per estrarre informazioni, come il coding, le simulazioni o i modelli”.

I concetti di ‘modello’ o ‘simulazione’

Più in particolare, la ricerca ha evidenziato come gli studenti siano inconsapevoli del pensiero algoritmico e inquadrino concetti come ‘modello’ o ‘simulazione’ come eventi legati a persone o alla moda. Al contrario, i ricercatori hanno legato tali concetti a modi di ottenere nuove conoscenze sul mondo, come nei sistemi quali il meteo, i social media o i mercati finanziari. Tutti sistemi di chiaro impatto per il lavoro di domani. La scuola del futuro deve affrontare un’ulteriore sfida per essere portatrice di innovazione: usando la forma mentis dei ricercatori come fonte d’ispirazione, agli studenti dovrebbero essere fornite non solo competenze, ma anche strumenti di pensiero, proprio come quello algoritmico.

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Novità per WhatsApp, si può entrare nelle chiamate di gruppo già in corso

WhatsApp cambia, o meglio è già cambiata: da pochi giorni si può infatti entrare nelle videochiamate o nelle chiamate di gruppo anche quando sono già iniziate.
“Introduciamo una nuova funzionalità che consente di partecipare a una chiamata di gruppo, anche se è già iniziata. La possibilità di partecipare a una chiamata in un secondo momento elimina la pressione di dover rispondere alla chiamata di gruppo non appena inizia. Inoltre, rende le chiamate di gruppo su WhatsApp spontanee e semplici come una conversazione di persona”, ha annunciato l’app di messaggistica di Mark Zuckerberg con un post apparso sul suo blog. “Abbiamo anche creato una schermata che contiene informazioni sulla chiamata: mostra chi è già collegato e chi è stato invitato a partecipare, ma non si è ancora aggiunto. E, anche se fai clic su ‘Ignora’, puoi unirti in seguito direttamente dalla scheda chiamate in WhatsApp”.

Come opera la nuova funzione

Prima, se si ignorava o se si rifiutava l’invito a una chiamata di gruppo, WhatsApp impediva di entrare nella conversazione in un secondo momento. Oggi invece questo problema è superato e, anzi, si potrà entrare e uscire dalla chat tutte le volte che si vuole. Per farlo è necessario disporre dell’ultimo aggiornamento di WhatsApp e avviare regolarmente la chiamata o la videochiamata. Basta scegliere fino a sette persone per inviare loro un invito a partecipare, che possono accettare o ignorare. A questo punto, il funzionamento è molto semplice: se si è perso oppure se si è ignorato l’invito a unirsi a una chiamata di gruppo, basta andare sulla scheda Chiamate su WhatsApp per visualizzare tutte le call in corso che possono essere raggiunte. Fatto questo, basta un touch sulle info della chiamata per essere subito inseriti nel gruppo. Naturalmente, è sempre possibile vedere chi è attualmente collegato e tutte le altre persone che hanno un invito a partecipare. Proprio come le altre chiamate vocali e video, anche queste saranno crittografate end-to-end, preservando la privacy degli iscritti. 

L’app sempre più competitiva

Con tutte queste implementazioni, WhatsApp diventa sempre più simile ad analoghi servizi di messaggistica avanzata, come Zoom e Teams, in ascesa nei mesi del lockdown dove si è registrato un vero e proprio exploit del lavoro e della didattica a distanza. Non resta che aspettare nuovi sviluppi che, viste le recenti novità, non tarderanno ad arrivare. 

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Continua la crescita record per l’e-commerce

Nei primi sei mesi del 2021 5 italiani su 6 fanno acquisti sul web una volta al mese, pari al 5% in più di acquirenti digitali rispetto al 2020. 
In Italia continua quindi la crescita record dell’e-commerce, trainato soprattutto dal settore dell’Elettronica. Secondo l’ultima rilevazione di Idealo il mercato digitale italiano è dominato dagli acquirenti abituali, che rappresentano il 61,1% del campione, ma a questa percentuale va aggiunta la quota del 23,9% di acquirenti intensivi, ovvero coloro che acquistano almeno una volta a settimana. Il 15,0% degli intervistati, inoltre, dichiara di fare shopping online una volta ogni trimestre o meno, rientrando così nella fascia degli acquirenti digitali sporadici.

Nel 2020 i settori più cercati sono Elettronica e Moda & Accessori 

Più della metà dei consumatori digitali italiani poi fa una comparazione dei prezzi e acquista online un prodotto di Elettronica. Sulla base dell’andamento delle intenzioni di acquisto (score da 0 a 100) registrate sul portale di Idealo, nel 2020 gli articoli di Elettronica sono stati infatti i più cercati (score 100,0). Seguono la Moda & Accessori (44,9), Arredamento & Giardino (37,8), Sport & Outdoor (28,2), Salute, Bellezza & Drogheria (27,9), Bambini & Neonati (17,3), Auto & Moto (16,7), Giocattoli & Gaming (15,0), Mangiare & Bere (3,8) e Prodotti per animali (1,5).

Nella top 10 dei prodotti smartphone al primo posto

Per quanto riguarda i prodotti più cercati online in Italia nel 2020, al primo posto figurano gli Smartphone (100,0), seguiti da Sneakers (53,0), Televisori (28,7), Smartwatch (23,2), Scarpe da corsa (21,1), Notebook (19,6), Console di gioco (15,8), Cuffie (15,4), Tablet (15,4) e Frigoriferi (14,1). Nel 2020 i prodotti sui quali acquistando nel periodo più conveniente si è potuto risparmiare di più nell’arco di un anno sono stati invece Disinfettanti (-49,7%), Tablet (-40,4%), Stampanti multifunzione (-32,2%), Notebook (-21,7%), Televisori (-21,5%), Aspirapolvere (-21,3%), Smartwatch (-18,5%), Console di gioco (-16,8%), Frigoriferi (-16,4%) e Avvitatori (-14,8%).

Le macrocategorie con la maggiore crescita di interesse rispetto al 2019

Anche se nel 2020 i consumatori digitali italiani hanno cercato e confrontato principalmente i prezzi di smartphone e di prodotti legati all‘elettronica di consumo, la pandemia ha reso ‘popolari’ nuovi prodotti, come ad esempio i gel disinfettanti. Le macrocategorie con la maggiore crescita di interesse online rispetto al 2019, riporta Adnkronos, sono state Arredamento & Giardino (+190,5%), Drogheria & Salute (+164,7%), Mangiare & Bere (+159,2%), Prodotti per animali (+116,5%), Elettronica (+96,7%), Sport & Outdoor (+96,3%), Bambini & Neonati (+91,5%), Giocattoli & Gaming (+88,7%), Auto & Moto (+83,6%), Salute & Bellezza (+80,8%) e Moda & Accessori (+72,7%).

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