Shopping natalizio: strategie dei marketer e comportamenti dei consumatori

Quest’anno un italiano su 4 prevede di investire meno per gli acquisti natalizi ma emerge un cauto ottimismo. Il 66% degli italiani dichiara infatti che la spesa sarà in linea con l’anno scorso, e la spesa media sarà di 242 euro. Da quanto emerge da una ricerca sul Natale 2021 di Yahoo, e realizzata da YouGov, per guadagnarsi l’attenzione dei consumatori è fondamentale che i marketer utilizzino progetti basati su un marketing mix di formati, canali e creatività. Nel periodo che precede il Natale, dove tradizionalmente si concentra la maggior parte degli acquisti, i marketer dovranno quindi considerare cinque fattori principali: finanziario, programmazione degli acquisti, rispetto dei valori dei consumatori, comprensione dei comportamenti e delle motivazioni legati agli acquisti, e modalità per catturare l’attenzione dei consumatori.

Puntare sul Black Friday e i pagamenti alternativi

Il 41% del campione pianifica la ricerca dei regali prima di dicembre, soprattutto i giovani tra 25-34 anni. Ed è novembre il periodo di picco degli acquisti, in particolare nel weekend del Black Friday, soprattutto tra i 16-34enni (45%), ma c’è anche un 20% del campione preoccupato della potenziale diminuzione della disponibilità di merce dovuta ai problemi di rifornimento e logistica globali. In ogni caso, i pagamenti alternativi, soprattutto la formula ‘compra ora e paga dopo’ (Buy Now, Pay Later, BNPL), sono quelli che interessano di più, tanto che il 28% ha già utilizzato questo tipo di servizio.

Avvicinarsi agli interessi sostenibili degli italiani

Mettere in risalto il proprio impegno verso la Corporate Social Responsibility, studiare nuovi packaging, mostrare più interesse verso il riutilizzo dei prodotti: così i brand si avvicinano di più agli interessi dei consumatori. Che nell’82% dei casi sono più predisposti a comprare alimenti e merci prodotte localmente (85% negli oltre 55enni). Nei prossimi 12 mesi il 43% dei 16-34enni acquisterà più prodotti di seconda mano e adotterà soluzioni di noleggio piuttosto che di acquisto. Infatti, in questa fascia di consumatori il 53% preferisce regalare ‘esperienze’ invece di prodotti. Se le donne sono più predisposte alle tematiche legate alla sostenibilità della distribuzione, l’85% dei consumatori è consapevole dei problemi legati allo smaltimento delle confezioni, e preferisce soluzioni realizzate in materiali biodegradabili, sostenibili o riciclabili.

Utilizzare un approccio omnicanale

Insomma, i brand devono dimostrare di aver compreso le modalità in cui stanno evolvendo le abitudini di consumo e le preferenze dei cittadini. È quindi necessario essere versatili, e puntare non solo sui benefici dell’acquisto online ma anche sui negozi tradizionali. Per catturare l’attenzione dei consumatori occorre quindi utilizzare un approccio omnicanale. L’85% del campione farà infatti alcuni acquisti natalizi in questi ultimi, ma il 47% dei consumatori vuole mantenere un approccio ibrido, valutando di volta in volta i benefici di un canale rispetto all’altro. La Gen Z, poi, si aspetta di più dalla shopping experience, e nel 32% dei casi andare a fare shopping equivale a un’esperienza sociale da condividere con gli amici o con la famiglia.

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Cyberattacchi, le minacce che incombono sul 2022

Il nuovo anno è ormai alle porte e, insieme ai buoni propositi, arrivano puntuali anche le minacce dei cybercriminali, che si fanno sempre più sofisticate. In particolare, i prossimi 12 mesi registreranno un numero maggiore di attacchi Asp, ovvero le minacce persistenti avanzate. A dirlo sono gli esperti di Kaspersky, che hanno presentato le loro previsioni riguardo i pericoli legati al web in cui potremmo incorrere nel 2022. Tra le previsioni tracciate dai ricercatori gioca un ruolo importante il crescente ruolo della politicizzazione nel cyberspazio, il ritorno degli attacchi di basso livello, la presenza di nuovi attori APT e la crescita degli attacchi alla supply chain. “Il potenziale dei software di sorveglianza commerciale come l’accesso a grandi quantità di dati personali e obiettivi più ampi, lo rende un business redditizio per coloro che lo forniscono e uno strumento efficace nelle mani dei threat actor. Pertanto, gli esperti di Kaspersky ritengono che i fornitori di questi software si espanderanno nel cyberspazio e forniranno i loro servizi a nuovi threat actor di minacce avanzate, fino a quando i governi non inizieranno a regolamentarne l’uso” recita la nota diffusa dagli esperti.

Gli attacchi alla supply chain si intensificheranno

I ricercatori hanno monitorato attentamente la frequenza dei casi in cui i criminali informatici hanno sfruttato i punti deboli nella sicurezza del vendor per compromettere i suoi clienti. Questi attacchi sono particolarmente redditizi e vantaggiosi per gli attaccanti, poiché danno accesso a un numero elevato di obiettivi potenziali. Per questo motivo, si prevede che gli attacchi alla supply chain saranno un trend in crescita anche nel 2022.

Smartphone sotto attacco

Sono sempre con noi e, soprattutto, sono degli autentici “contenitori” di dati sensibili e importanti: ecco perchè gli smartphone sono una preda ghiotta per gli hacker. Nel 2021 sono stati osservati più attacchi zero-day in-the-wild su iOS rispetto al passato. A differenza di un PC o Mac, dove l’utente ha la possibilità di installare un pacchetto di sicurezza, su iOS questi prodotti sono limitati o non esistono. Questo crea delle enormi opportunità per le Apt.

Il remote working un vettore per gli attacchi

I criminali informatici continueranno a utilizzare i computer di casa, non protetti o senza patch, dei dipendenti che lavorano da remoto per penetrare nelle reti aziendali. Insieme a questi, continueranno a essere impiegate anche le tecniche di ingegneria sociale per il furto delle credenziali e gli attacchi brute-force ai servizi aziendali per ottenere l’accesso a server con una protezione debole. 

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Regali di Natale: Google lancia nuove soluzioni per le Pmi italiane

Le festività natalizie sono alle porte, e Google lancia nuove soluzioni per le Pmi e le piccole imprese locali. Più in particolare, per aiutare le Pmi italiane a farsi trovare più facilmente sul web, e agevolare lo shopping natalizio degli utenti della piattaforma, Google ha rinominato la vetrina digitale senza costi Google My Business Secondo uno studio Google-Ipsos condotto nella regione Emea, il 56% delle persone afferma che durante il periodo che precede Natale prediligerà acquisti nelle piccole imprese locali. E per aiutare le piccole imprese a farsi individuare online, dove spesso le persone iniziano il loro percorso di ricerca e di esplorazione quando desiderano fare acquisti, Google ha pensato a diverse soluzioni, utili appunto in vista della stagione delle festività 2021.

Da Google My Business a Profilo dell’attività 

Una di queste soluzioni riguarda la vetrina digitale Google My Business. A partire dalla seconda settimana di novembre, i titolari di esercizi commerciali, negozi, ristoranti e aziende potranno rivendicare e verificare facilmente il profilo della propria attività direttamente sulla Ricerca Google, o sull’app Google Maps. Per rendere il tutto più semplice, Google My Business verrà quindi rinominato Profilo dell’attività su Google. La scelta di ribattezzare Google My Business deriva delle analisi sulle ricerche che gli utenti compiono su Google. Da marzo 2020, complice soprattutto la pandemia, le ricerche legate allo shopping online e a come acquistare online sono cresciute in tutto il mondo. Come dimostra Google Trends, solo in Italia ad esempio, l’interesse di ricerca relativo a ‘shopping online’ è cresciuto del 50%, si legge su retorica.net.

Promuovere i propri punti vendita su Maps, YouTube e la Rete Display

Oltre al Profilo dell’attività, sono diversi gli strumenti e le funzionalità che Google mette a disposizione. Una di queste riguarda le Campagne locali, che consentono di promuovere i propri punti vendita, ad esempio sulla Ricerca Google, su Maps, YouTube e sulla Rete Display di Google.

Tre storie di successo italiane di piccole attività

Il colosso del web sottolinea inoltre che si possono trovare maggiori informazioni sul Profilo dell’attività, sulle Campagne locali e nel blogpost pubblicato al link italia.googleblog.com/2021/11/la-stagione-delle-festivita-2021.html, in cui si raccontano anche tre storie di successo italiane di piccole attività che utilizzano con successo il Profilo dell’attività su Google, riporta Adnkronos. Ovvero, la Libreria Verso a Milano, l’impresa sociale Progetto Quid di Verona, e la pasticceria di Brescia, Le Torte di Giada.

L’auto è la più amata dagli italiani

I tempi stanno cambiando, tutti ci stiamo orientando verso comportamenti e acquisti sempre più green, in ogni ambito della nostra vita. Ma per l’automobile il discorso ancora sembra non valere, tanto che è proprio la macchina il mezzo preferito per la mobilità dei nostri connazionali. Il dato emerge da una ricerca realizzata da Arval Mobility Observatory, la piattaforma di ricerca e di scambio di informazioni nell’ambito della mobilità, in collaborazione con Doxa. L’auto si conferma il principale mezzo di trasporto a cui ricorrono gli italiani: l’87%, infatti la usa almeno una volta a settimana, il 63% tutti i giorni o quasi.

Svolta green?

Macchina sì, ma in un’ottica sempre più ecologica. La ricerca svela infatti che gran parte del campione è orientato verso scelte più green, almeno per quanto riguarda il futuro: il 77% dichiara di avere attualmente un veicolo diesel o benzina, ma è pari al 64% la quota di coloro che sceglierà come prossima auto un veicolo ibrido (45%) o elettrico (19%). Insomma, la sostenibilità – un po’ come accade sempre più in tutti gli ambiti della nostra vita –  è un tema al quale gli italiani sono sensibili, al punto che il 66% è a conoscenza della proposta contenuta nel “Fit for 55”, il pacchetto di riforme dell’Unione Europea per ridurre le emissioni di gas serra presentato nel mese di luglio, che prevede, dal 2035, l’obbligo per le case costruttrici di produrre solo auto a zero emissioni. Non solo: perchè addirittura l’82% dei rispondenti si dichiara favorevole.

Risvolti positivi e qualche criticità

Se il 66% degli intervistati ritiene che la maggior diffusione delle auto elettriche avrà un impatto positivo sull’ambiente, resistono per alcune preoccupazioni legate principalmente ai costi delle nuove tecnologie. L’accessibilità economica interessa infatti il 78% degli intervistati, mentre la gestione del fine vita delle batterie l’87% del campione. Una mobilità sostenibile, però, non passa solamente per le auto elettrificate. 8 intervistati su 10 ritengono che l’offerta combinata di differenti opzioni contribuisca a una mobilità più ecologica e l’82% auspica la diffusione di soluzioni che permettano la gestione integrata delle diverse possibilità di mobilità secondo un approccio MaaS (Mobility as a Service). Per ovviare a eventuali problematiche, i nostri connazionali sono assolutamente bendisposti anche verso la mobilità dolce: ben l’84% si dichiara a favore con la linea delle amministrazioni delle grandi città che incentiva le forme di mobilità alternative all’automobile, come ad esempio la creazione di piste ciclabili.

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Arredobagno, nel primo semestre 2021 le vendite crescono del +47,2%

Gli effetti della pandemia non hanno risparmiato il settore italiano dell’arredobagno, ma il 2021 si è aperto con segnali decisamente positivi. Se infatti nel 2020 il Sistema Arredobagno ha registrato una contrazione del 9,0%, nel solo periodo gennaio-giugno 2021 rispetto al primo semestre del 2020, l’aumento delle vendite del Sistema Arredobagno è stato del 47,2%, con un andamento particolarmente positivo sul mercato italiano (+62,4%).
Considerando poi i dati disponibili per il confronto con il primo semestre del 2019, emerge una crescita del 14,9% delle vendite totali e del 12,8% per il mercato italiano. È quanto emerge dai dati diffusi nel corso dell’Assemblea dei soci di Assobagno, l’Associazione nazionale delle industrie dell’arredamento e gli articoli per il bagno.

Export, +33,9%. Germania primo sbocco commerciale

Nei primi sei mesi del 2021 anche le esportazioni del Sistema Arredobagno registrano un significativo incremento, pari al +33,9%, rispetto all’analogo periodo del 2020. Tra i mercati di riferimento, la Germania è il primo sbocco commerciale dell’export italiano di Arredobagno, seguito da Francia, Regno Unito, Svizzera e Spagna. Anche il confronto con il periodo gennaio-maggio 2019, conferma il dinamismo del comparto, registrando in questo caso una crescita del +4,6%. Relativamente all’import del Sistema Arredobagno si evidenzia un robusto incremento nel periodo gennaio-maggio 2021 (256,4 milioni di euro, +42,6% sul 2020 e +15,6% sul 2019). Cina, con oltre un terzo del totale importato, Germania, Bulgaria, Turchia e Polonia, sono i primi cinque Paesi fornitori, riferisce E-Duesse.it.

Nonostante gli incrementi delle vendite gli imprenditori sono allarmati

Tuttavia, sottolinea Assobagno, “nonostante gli incrementi delle vendite, gli imprenditori sono allarmati per la difficoltà nel reperimento delle materie prime e per i continui aumenti dei prezzi, motivo per il quale la loro marginalità sarà ridotta”. 
In ogni caso, nel 2020 la contrazione del 9,0% è stata comunque contenuta da una minor penalizzazione sui mercati esteri (-6,6%) rispetto a quello interno (-11,3%). In diminuzione, però. seppur meno marcate, sono state anche le importazioni (-7,4%), che hanno determinato una perdita complessiva del consumo interno apparente pari al -10,4%.

I numeri del Sistema Arredobagno italiano: 984 aziende per 22.388 addetti

Nel 2020 il Sistema Arredobagno comprendeva 984 aziende, in diminuzione del -1,9% rispetto al 2019, e impiegava 22.388 addetti (-2,1% rispetto all’anno precedente). Sempre nel 2020, riporta Adnkronos, il 94% del fatturato del settore è stato realizzato da Società di capitali, che rappresentano oltre il 40% delle imprese e impiegano quasi l’80% degli addetti. Dal 2020 il Sistema Arredobagno include poi anche il comparto delle Ceramiche sanitarie.

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Welfare aziendale, il 92% degli HR sceglie l’attività fisica

Il 92% degli HR, i responsabili risorse umane all’interno di un’organizzazione, è convinto che sia utile alle aziende l’adozione di iniziative di welfare che promuovano lo sport e il benessere psicofisico. È quanto emerge da un sondaggio di Urban Sports Club, realizzato nel mese di agosto 2021 su 262 tra HR manager, ceo e responsabili welfare di aziende italiane. 
“Emerge un interesse crescente a inserire lo sport tra i benefit che le aziende offrono ai propri dipendenti – spiega Filippo Santoro, Managing Director di Urban Sports Club Italia -. Un benefit che si posiziona sempre di più come un must have piuttosto che un nice to have. In questo scenario la flessibilità e la possibilità di scegliere fra più strutture in base ai propri impegni e al luogo dove si lavora – aggiunge Santoro – è un elemento imprescindibile”.

I benefici dello sport in relazione al lavoro

Secondo gli intervistati, i principali benefici dell’attività sportiva in relazione al lavoro sono ridurre e combattere lo stress (43%), migliorare le relazioni tra colleghi (20%), rafforzare lo spirito di squadra (20%), ma anche sviluppare l’engagement e tutto ciò che concerne il cosiddetto employer branding (15%). Per i manager, l’offerta di sport in ambito welfare deve però avere alcune caratteristiche essenziali, come la customizzazione e la semplicità gestionale.

Flessibilità, libertà di scelta e semplicità gestionale

La flessibilità e la possibilità di customizzazione, sia sul fronte della gestione aziendale sia sul fronte dei dipendenti, è infatti indicata dal 42% del campione. Questo, in modo che ognuno possa scegliere l’attività sportiva in base alla propria agenda, agli spostamenti e alle esigenze della vita privata e familiare, Un altro elemento fondamentale è la libertà di scelta (31%): è bene, per scongiurare l’effetto ‘Coppa Cobram’, che ognuno possa scegliere lo sport o l’attività che meglio si adatta alle proprie attitudini e alle proprie preferenze. Terzo elemento, la semplicità gestionale (18%): è importante che la persona a capo di un sistema di welfare in una media o grande organizzazione trovi un sistema facile da gestire.

Le tipologie di attività più adatte a diventare strumento di welfare

Ma quali sono secondo la ricerca di lrban Sports Club le tipologie di sport più adatte a diventare strumento di welfare? Al primo posto gli intervistati. riferisce Italpress, indicano sport di squadra (40%), al secondo, attività di meditazione e relax, come yoga e pilates (34%), al terzo gli sport di endurance, come corsa lunga e bici (9%), e al quarto le attività brevi ad alta intensità, come, ad esempio, l’EMS e il functional training (5%).

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Meglio un compressore lubrificato o no?

Quando hai stabilito le dimensioni e il tipo di compressore che fa al caso tuo, rimane un’ultima decisione da prendere: meglio un compressore lubrificato o no? Per non complicare eccessivamente le cose, diciamo che la scelta dovrebbe essere basata sul modo in cui verrà utilizzato il dispositivo.

Il primo passo nella scelta di un compressore è dunque valutare le esigenze della tua installazione.

Ci sono casi in cui le conseguenze della contaminazione da olio sono incompatibili con il tipo di attività e quindi è essenziale avere un compressore d’aria oil-free. Tuttavia, la maggior parte delle piccole officine industriali e manifatturiere utilizzano compressori a iniezione di olio, dunque lubrificati, poiché le conseguenze della contaminazione da olio non sono così gravi come potrebbero essere in un impianto di produzione alimentare, ad esempio. L’olio per compressori d’aria ricordiamo infatti serve per lubrificare ma anche per raffreddare l’aria compressa.

Se non c’è un bisogno specifico di adottare un compressore oil free, l’opzione maggiormente raccomandata è un’unità lubrificata a olio, come un compressore rotativo a vite a iniezione d’olio, considerando che i compressori oil-free hanno inoltre un costo molto più elevato.

Anche se l’olio dovesse in minima parte rimanere nell’aria compressa inoltre, esso può essere rimosso a fondo utilizzando prodotti per aria di qualità . I filtri coalescenti possono pulire le particelle di aria compressa a 0,01 micron, le quali possono anche essere pulite con l’aggiunta di un filtro a carbone attivo per avvicinarsi alla purezza dell’aria Classe 1.

Quali sono le diverse classi di purezza dell’aria?

I compressori d’aria oil free sono utilizzati anche per produrre una gamma di prodotti sensibili, dai semiconduttori alla carta. Anche la più piccola traccia di olio in tali applicazioni potrebbe avere effetti negativi sui prodotti e persino sulle persone. La classe 0 e la frase “tecnicamente oil free” sono spesso utilizzate per indicare che un compressore soddisfa determinati standard in tal senso.

Sebbene questi termini siano simili, presentano differenze fondamentali che, se non prese in considerazione, possono avere conseguenze impreviste.

Il significato di “oil free”

Per capire meglio tutto questo, diamo un’occhiata al significato di “oil free”. Il termine “oil free” è utilizzato come riferimento a compressori che non richiedono alcun tipo di lubrificazione nella camera di compressione. Mentre esso descrive un tipo di compressore, “Classe 0” e “tecnicamente senza olio” esprimono quanto sia pulita l’aria dopo la fase di compressione. Ci sono importanti differenze tra i due, che spiegheremo a breve.

È importante sapere che esistono degli standard mondiali per scopi di utilizzo privati, industriali e commerciali. L’aria compressa ha una propria serie di standard ISO. In base alla purezza massima dell’aria (determinata dal numero di particelle per metro cubo in funzione della dimensione delle stesse), i compressori possono essere classificati come Classe ISO 0-5. La versione originale degli standard di purezza dell’aria compressa ISO (1991) è stata “realizzata da e per” produttori di filtri. Lo standard ha definito cinque classi di concentrazione dell’olio, la migliore delle quali è la Classe 1.

ISO Classe 1 – Aria tecnicamente oil free

La classe 1 specifica una concentrazione di olio di 0,01 mg/m3 a 1 bar (a), 14,5 psia e 20 ° C (68° F), e riuscire a soddisfare questi criteri è talvolta detto “tecnicamente una soluzione senza olio”. Tuttavia, questi standard sono stati modificati nel 2001 e aggiornati nel 2010. L’attuale standard stabilisce limiti sul contenuto totale di olio (liquido e vapore) ed è stato introdotto uno standard specifico sulla misurazione del vapore d’olio.

Classe ISO 0: aria oil-free

Per soddisfare requisiti di qualità più rigidi, è stata aggiunta una nuova classe (Classe 0). La classe ISO 0 è l’opzione più pulita, che può garantire il 100% di aria oil free. Questi compressori generalmente hanno un prezzo di partenza più alto, ma sono molto più sicuri anche nelle applicazioni “sensibili”.

Ad ogni modo, quando si sceglie un compressore d’aria oil-free o lubrificato, è sempre consigliabile chiedere il parere di un professionista dell’aria compressa e scegliere ricambi Atlas Copco per avere garanzia di qualità..

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Corsa all’imprenditorialità, fra stereotipi e opportunità dell’e-commerce

Le opportunità ci sono, il coraggio non manca. Così, dopo mesi di limitazioni, lockdown e varie traversie, cresce il numero degli italiani che accarezza l’idea di mettersi in proprio, forse proprio a causa della crisi innescata dalla pandemia. Ma in Italia ci sono delle criticità, come avverte l’indagine condotta da BVA Doxa per Shopify: innanzitutto  la figura dell’imprenditore è ancora molto stereotipata e, anche se gli italiani concordano sul fatto che mettersi in proprio sia appagante e permetta di guadagnare maggiore libertà, solo il 2% degli italiani è davvero intenzionato a diventare imprenditore. Però le opportunità non mancano, anzi.

Entrepreneurial Economy, ora è il momento

Questi mesi potrebbero essere quelli giusti per l’Entrepreneurial Economy ovvero il mettersi in proprio, reinventarsi o innovare il proprio business. Oggi ci sono diverse strade percorribili da imprese e professionisti che hanno il coraggio di abbracciare il cambiamento, trainato dal digitale e in particolare dall’e-commerce. 

Come è percepita la figura dell’imprenditore

Anche se in molti desiderano mettersi in proprio, resistono però degli stereotipi sulla figura dell’imprenditore: si tratta di un uomo per il 94% degli intervistati, tra i 40 e i 60 anni (77%) che vive in una grande città (73%), rigorosamente del Nord Italia (92%). Nei confronti degli imprenditori, tuttavia, l’opinione degli italiani è positiva nel 65% dei casi: si tratta di professionisti coraggiosi e creativi che hanno saputo dar vita ai propri sogni. E, infatti, il primo driver che guida ogni scelta degli imprenditori è la passione (61%), seguita dalla volontà di acquisire un certo status (55%) e di guadagnarsi più libertà (50%). Infine, sono tre le caratteristiche must-have di un imprenditore di successo: lungimiranza (71%), audacia (65%) e forti capacità sociali (39%).

Cosa frena la corsa all’imprenditorialità

Nonostante il desiderio di mettersi in proprio, gli italiani si scontrano però con alcune barriere percepite come difficili da abbattere: in prima battuta la burocrazia (73%), i costi e le spese (66%) e i possibili rischi (54%). Risultato: solo il 2% degli italiani afferma di essere certamente intenzionato a diventare imprenditore, sebbene la percentuale salga al 37% se si considera anche chi è semplicemente aperto a tale possibilità. Di questi, 7 italiani su 10 punterebbero sull’e-commerce, vissuto come percorso per abbattere gli “scogli” che più fanno paura, come i costi, i rischi e le complicate  pratiche burocratiche.

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Codici sconto Amazon

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Pmi lombarde e transizione digitale: fondi per 9,8 miliardi in 7 anni

Nei prossimi 7 anni le imprese lombarde potranno contare su 9,8 miliardi di euro finalizzati alla transizione digitale verso le tecnologie di Industria 4.0. Si tratta di una cifra corrispondente a 5 volte il totale dei fondi strutturali spesi negli ultimi 7 anni da Regione Lombardia tramite il Fesr e il Fse per la ricerca, l’innovazione, lo sviluppo, la formazione, l’istruzione, e le politiche sociali e quelle per il lavoro. Si tratta della stima effettuata dal Centro studi Cna Lombardia, che ha valutato il combinato disposto dal PNRR e dai fondi strutturali di Next Generation Eu. Grazie al Fesr i fondi copriranno in maniera sinergica sia gli investimenti in ricerca, tecnologia e macchinari sia, grazie al Fse plus, gli investimenti in capitale umano.

Le risorse destinate alla formazione 

Secondo le stime Cna queste risorse genereranno due mercati paralleli. Da una parte infatti crescerà il bisogno di esperti e consulenti esterni, muovendo un volume d’affari nella sola Lombardia pari al 20% delle risorse, pari a 1,98 miliardi di euro. Dall’altra, si prevede che le imprese investano nella formazione continua, creando un volume d’affari pari al 10% dell’investimento (0,98 miliardi). In questo caso, le risorse del Por Fse regionale non saranno sufficienti a coprire il fabbisogno di formazione continua del personale, ma le Pmi potranno giocare altre due carte di assoluto rilievo.

Rifinanziamento del Fondo nuove competenze e fondi interprofessionali

Da una parte infatti le Pmi potranno contare sul rifinanziamento del Fondo nuove competenze (il Mise ha assicurato un miliardo di euro su base nazionale), dall’altra, l’accesso alle risorse dei fondi interprofessionali. Proprio in questa direzione si muove l’intesa siglata tra Cna Lombardia, l’ente di formazione Ecipa Lombardia, e il Made, il competence center per l’Industria 4.0, per la definizione e la costruzione di percorsi formativi a favore della digitalizzazione delle micro e piccole imprese.

Senza personale qualificato le tecnologie non esprimono il loro pieno potenziale

L’iniziativa punta a finanziare i percorsi formativi con le risorse di Regione Lombardia destinate al Programma operativo regionale Fse. Le imprese troveranno inoltre risposte formative relative a 5 filoni tematici, come prodotto 4.0 e processo 4.0, manutenzione 4.0, Big Data 4 small business, automazione, robot, cobot e ottimizzazione di processo, transizione sostenibile ed economia circolare.
 “La Lombardia rappresenta il 22% del Pil italiano, ma deve mantenere elevato il proprio livello competitivo – commenta Marco Taisch, presidente di Made-competence center industria 4.0 -. Questo accordo con Cna Lombardia ed Ecipa Lombardia mette a disposizione delle imprese strumenti concreti per formarsi e riqualificarsi. La formazione, infatti, è uno dei pilastri della rivoluzione di Industria 4.0: senza il contributo di personale qualificato, le tecnologie non possono dispiegare il loro pieno potenziale”.

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