Intrattenimento: TV o libri? Le abitudini degli italiani

Che tipo di intrattenimento preferiscono gli italiani nel tempo libero? Guardano la tv in streaming, giocano sulle piattaforme online o con lo smartphone, ascoltano musica online, e leggono.
Secondo un’indagine a cura della società di ricerche di mercato Hubits Lab, l’88% dei nostri connazionali ama guardare la tv in streaming, l’86 % sceglie i libri, cartacei o nelle forme elettroniche, il 78% ascolta musica in streaming, il 75% si dedica al gaming e il 75% sceglie cinema, teatro o concerti. Ma quali forme di intrattenimento emergenti crescono di più nell’ultimo anno? “Le spese più performanti nel campo dell’intrattenimento sono ora dedicate ai libri”, spiega Pamela Saiu, responsabile Mondadori Media-Hubits.

Tornano in auge libri e fumetti 

In particolare, “il 74% degli italiani nel 2022 ha comprato almeno un libro. Il 62% ha scelto il cartaceo, il 18% l’e-book, il 15% fumetti/manga o graphic novel, il 10% un audiolibro e il 7% i podcast”, continua Saiu. Inoltre, il 45% degli intervistati ha comprato da 1 a 3 libri, il 32% da 4 a 11 libri e l’1% ne ha scelto uno.
“Il libro cartaceo è sicuramente la categoria preferita da regalare, seguita quasi a pari merito dagli strumenti fisici per musica e video come CD, vinili, Dvd e Blu Ray”, sottolinea Saiu. Ma sono i fumetti tra i fenomeni emergenti più importanti.

Film, serie tv, musica e gaming

Quanto ai video, “il 60% degli italiani ha visto film o serie tv tramite abbonamenti, oppure on demand in streaming o comprando un DVD o Blue-Ray – precisa Saiu. – Hanno comprato abbonamenti a piattaforme musicali, come ad esempio Spotify, un vinile, un CD o una musicassetta, il 46% dei soggetti intervistati. Mentre hanno aperto il portafoglio per il gaming il 38% del campione: il 21% ha comprato videogiochi per console, il 15% delle App per giocare al telefonino, l’11% per giochi online per PC”. 
Sul fronte degli abbonamenti in streaming, si evidenzia una sorta di stanchezza da parte del pubblico. Ora le piattaforme sono perfino troppe, e i clienti non hanno ben chiaro per quanto tempo le pellicole resteranno nelle sale per poi entrare nei circuiti in streaming. Con l’aumentare dell’offerta in streaming si assiste perciò a un calo complessivo degli abbonati.

Andiamo al cinema? 

Per evitare di pagare cifre elevate nel segmento piattaforme tv si assiste anche all’incremento di abbonamenti in condivisione tra famiglie e amici, e nuove forme di abbonamenti ibridi ‘calmierati’ con presenza di spot pubblicitari, quindi a costi inferiori.
In ogni caso, riporta Ansa, l’ascolto della musica e l’abitudine al gaming crescono entrambe del 25% nell’ultimo anno, così come andare a cinema/concerti/teatro.
“Andiamo di meno al cinema rispetto al periodo pre-Covid anche a causa del calo delle grosse produzioni che necessitano organizzazioni imponenti e che hanno fermato a lungo le riprese – sottolinea Marco Cino, managing director dell’agenzia Echo -. Ci aspettiamo però un recupero del segmento cinema, vista l’uscita recente di film importanti”.

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Piscine prefabbricate vs piscine in cemento

Se stai pensando di far installare una piscina nel tuo giardino, probabilmente ti starai chiedendo  quale possa essere la scelta migliore tra una piscina prefabbricata e una piscina in cemento.

Non ti preoccupare, è un dubbio “classico” che tutti si pongono e che è possibile risolvere approfondendo l’argomento. Non esiste infatti una soluzione migliore dell’altra a prescindere, ma tutto dipende dalle tue aspettative e necessità.

Vediamo allora di seguito quelli che sono i vantaggi e gli svantaggi di entrambe le opzioni, così da aiutarti a prendere una decisione consapevole.

Tipi di piscine disponibili

Ci sono diversi tipi di piscine disponibili sul mercato, ma le due soluzioni principali sono le piscine in acciaio prefabbricate e le piscine in cemento.

Le prime sono realizzate direttamente in fabbrica e poi trasportate sul sito di installazione, dove vengono assemblate.

Le piscine in cemento, invece, vengono costruite direttamente sul luogo di installazione dopo che lo scavo iniziale è stato effettuato.

Caratteristiche delle piscine prefabbricate e di quelle in cemento

Le piscine prefabbricate sono disponibili in diverse forme e dimensioni, e generalmente sono realizzate in monoblocco. La struttura è solitamente in acciaio, coperta da uno strato di vetroresina.

Le piscine in cemento, invece, sono realizzate con uno stampo di cemento armato, che viene solitamente rivestito con piastrelle o con uno strato di PVC.

Vantaggi e svantaggi delle piscine prefabbricate

Le piscine prefabbricate hanno diversi vantaggi rispetto alle piscine in cemento. In primo luogo, sono generalmente meno costose da installare, in quanto queste operazioni richiedono meno tempo e meno manodopera.

Inoltre, le piscine prefabbricate sono disponibili in una vasta gamma di forme e dimensioni, e possono essere personalizzate per adattarsi alle esigenze specifiche del proprietario. Provando ad immaginare quale potrebbe essere uno svantaggio nello scegliere una piscina prefabbricata, potremmo citare il fatto che spesso ci si deve attenere alle dimensioni di trasporto massime possibili, dato che non parliamo di una struttura che viene realizzata sul luogo bensì in fabbrica.

Dunque se desideri ad esempio far realizzare una piscina olimpica o quasi, le strutture prefabbricate non fanno per te.

Vantaggi e svantaggi delle piscine in cemento

Le piscine in cemento sono generalmente più resistenti delle piscine prefabbricate, in quanto sono realizzate con uno stampo di cemento armato.

Inoltre, le piscine in cemento possono essere personalizzate più facilmente rispetto alle piscine prefabbricate, e possono essere progettate per adattarsi perfettamente al terreno circostante.

Tuttavia, le piscine in cemento richiedono più tempo e più manodopera per essere installate, e per questo sono più costose delle piscine prefabbricate.

Confronto tra piscine prefabbricate e piscine in cemento

Per aiutarti a decidere quale tipo di piscina sia la scelta migliore per te, ecco un confronto definitivo tra le due:

  • Costi: le piscine prefabbricate sono generalmente meno costose delle piscine in cemento, anche se i costi possono variare a seconda delle dimensioni, della forma e delle funzionalità richieste.
  • Tempi di costruzione: le piscine prefabbricate richiedono meno tempo per essere installate rispetto alle piscine in cemento.
  • Dimensioni: le piscine prefabbricate non possono essere grandi quanto quelle in cemento per motivo logistici e di trasporto.
  • Manutenzione: entrambe le tipologie di piscine necessitano di manutenzione periodica per fare in modo che tutto funzioni sempre a dovere.

Considerazioni finali e raccomandazioni

In sintesi, la scelta tra una piscina prefabbricata e una piscina in cemento dipende dalle tue esigenze specifiche e dal tuo budget.

Se stai cercando una piscina a basso costo e facile da installare, una piscina prefabbricata potrebbe essere la scelta migliore.

Se invece stai cercando una piscina più resistente e personalizzabile, una piscina in cemento potrebbe fare al caso tuo.

Ad ogni modo, ti consigliamo di consultare un professionista del settore che possa aiutarti a fare chiarezza in maniera completa.

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Il turismo italiano riprende quota: atteso un 2023 da record

Secondo i primi dati provvisori del 2023, il settore turistico sembra riprendersi definitivamente dalla pandemia, con un aumento del 45,5% delle presenze rispetto allo stesso bimestre del 2022. Sia le presenze straniere (+70,5%) che quelle domestiche (+28,8%) sono cresciute in modo significativo. Se questi dati saranno confermati nei prossimi mesi, nel 2023 il settore potrebbe registrare il pieno recupero dei livelli pre-pandemici. Il Direttore della Direzione Centrale per le statistiche ambientali e territoriali, Sandro Cruciani, ha affermato ciò nel corso dell’audizione alla Commissione attività produttive della Camera sul Piano strategico del turismo. 

L’Italia è il quarto paese Ue per numero di presenze

Nel 2022, l’Italia si è confermata come il quarto Paese dell’Unione europea per numero di presenze, con il 14,5% di quelle registrate nell’intera UE in quell’anno. L’incremento annuo delle presenze è stato del 39,3% rispetto al 2021. Tuttavia, il numero di presenze nel 2022 è ancora inferiore di circa 34 milioni a quello osservato nel 2019, con un saldo pari a -7,8%. L’Italia si è classificata al secondo posto tra i paesi dell’UE per numero di presenze straniere, subito dopo la Spagna, con i flussi inbound che rappresentano il 48,6% del totale delle presenze nelle strutture ricettive del nostro Paese, quasi tornati ai livelli pre-pandemici. 

I brand più dinamici

L’Istat ha individuato 21 “brand turistici” territoriali che hanno risposto alla crisi del 2020-21 in modo migliore rispetto al resto d’Italia, tra cui il Lago di Garda, la Valle d’Itria e le Cinque Terre. Anche le aree che ancora soffrono il contraccolpo della pandemia, come la Gallura e Costa Smeralda, la Costiera amalfitana e la Costiera sorrentina e Capri, hanno registrato tassi di crescita superiori alla media nazionale.

L’appeal dei piccoli borghi

Man on ci sono sono le località di vacanza più blasonate ad attrarre i turisti. Esiste un altro “segmento turistico di particolare interesse” rappresentato dai 350 borghi dell’Associazione dei borghi più belli d’Italia. La performance turistica dei borghi italiani è stata decisamente migliore della media nazionale: “in questo piccolo universo molto specializzato le presenze del 2022 hanno superato i livelli 2019 del 13,7%” riferisce l’analisi dell’Istat.

Riprendono consensi anche le grandi città

La categoria delle “Grandi città” (composta dai 12 comuni italiani con più di 250mila abitanti) ha mostrato decisi segnali di ripresa rispetto al 2021, con un incremento delle presenze pari al 104,4% contro il +39,3% medio nazionale – questa è anche la categoria che ha tuttavia subito le maggiori perdite durante il periodo pandemico e che ancora non ha raggiunto i livelli del 2019 (-21,0% contro il -7,8% della media nazionale).

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Cybercrime, è la terza economia al mondo

Il Rapporto Annuale sulle Minacce Informatiche di Thales in Italia evidenzia un preoccupante aumento del numero di attacchi informatici, tanto da essere una vera e propria economia mondiale. Eppure, una grandissima parte di questi reati non viene denunciata per timore di perdere credibilità. 
“Si stima che il mondo del Cyber Crime sia la terza economia mondiale, subito dopo Stati Uniti e Cina”, a dirlo a Roma in occasione della cerimonia di premiazione dei vincitori di Cyber X Mind4Future, il programma di formazione evoluta ed esperienziale sui temi della sicurezza cibernetica ideato da Leonardo e il centro di competenze Cyber4.0, è stato Tommaso Profeta, Managing Director della Divisione Cyber & Security Solutions di Leonardo.  “Una dimensione rilevantissima – ha sottolineato Profeta – da cui si capisce quale sia la necessità di dotarsi di figure professionali capaci di fronteggiare la minaccia. Ad oggi sono 3,4 milioni le persone che mancano nel mondo per colmare questo gap”. Numeri che testimoniano la necessità di puntare in modo deciso sulla formazione di giovani esperti e acne in generale di aumentare la consapevolezza dei pericoli del mondo digitale, tanto che l’85% degli attacchi vanno a buon fine a causa di un qualche errore umano.

Una Academy per imparare

In questo senso si inserisce la Cyber & Security Academy di Leonardo, che rappresenta un’importante risposta a questa esigenza, offrendo un’alta formazione sia a operatori tecnici che a personale non specializzato ma con ruoli chiave all’interno di aziende o pubblica amministrazione. Il nuovo direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Bruno Frattasi, sottolinea come la sicurezza informatica sia un problema che coinvolge l’intera cittadinanza, non solo le imprese o le pubbliche amministrazioni, e come sia necessario prevenire la diffusione di dati personali o il blocco di servizi alla cittadinanza. 

In Italia il 51% delle aziende non ha un piano di protezione

Il Rapporto Annuale sulle Minacce Informatiche pubblicato da Thales fa emergere ulteriore segnali allarmanti. Ad esempio, si scopre che non solo il numero di cyberattacchi in Italia sia in sensibile aumento, ma anche che più della metà delle aziende (51%) non ha un piano per proteggersi. E’ evidente dunque l’urgente necessità di investire nella sicurezza cibernetica, anche perchè “c’è una parte di questi attacchi che non conosciamo, una parte sommersa che per molti motivi non conosciamo” ha detto Frattasi. “Si tratta a volte si tratta di attacchi ‘invisibili’ ossia non individuabili se non con molto ritardo, ma c’è anche riluttanza a dire di essere attaccati, si teme di perdere la reputazione e non ci si vuole mostrare parte sommersa che forse pesa di più deboli”.

Gli italiani e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr): quanto ne sanno?

Cosa pensano gli italiani della straordinaria opportunità offerta dal Pnrr? Quanti lo conoscono profondamente e quanto sono fiduciosi che possa avere un impatto sul rilancio del nostro Paese? Per scoprirlo l’Ipsos ha condotto una rilevazione ad hoc, poi diventata un approfondimento sulle pagine del  Corriere Della Sera a cura di Nando Pagnoncelli , presidente di Ipsos.

Scarsa conoscenza del Pnrr tra gli italiani

La grande importanza che il piano riveste non sembra essere nota a tutti; secondo i dati dell’ultimo sondaggio Ipsos, solo il 12% delle persone in Italia dichiara di conoscerlo profondamente, mentre il 44% afferma di conoscerlo solo in parte. Del campione intervistato, il 28% ne ha sentito soltanto parlarne, mentre per il 16% è un concetto totalmente sconosciuto.

Missioni Pnrr: salute, prioritaria tra tutti i temi

Chieste ai nostri connazionali quali fossero le due missioni più importanti contenute nel Pnrr, la risposta è andata nettamente verso la salute (50%). Segue a una certa distanza la rivoluzione verde e la transizione ecologica (27%), e poi le voci relative a istruzione e ricerca scientifica (24%), inclusione sociale ed economica (20%), infrastrutture per la mobilità sostenibile (19%) e digitalizzazione, innovazione, competitività ed cultura (14%). Un risultato prevedibile, specie a fronte dell’esperienza della pandemia che ha messo a dura prova il sistema sanitario nazionale. Lo stesso tema rappresentava la priorità per tutti i cittadini indipendentemente dalle caratteristiche sociodemografiche, orientamento politico o grado di conoscenza del piano. 

Poca fiducia nel successo del Pnrr 

In generale emerge un discreto scetticismo sulla reale possibilità che quest’iniziativa abbia successo nel rimettere in moto l’Italia: un cittadino su due non nutre molta (36%) o nessuna fiducia nell’operazione (13%). La quota più alta riguardante coloro convinti che si arriverà almeno al 90% della realizzazione dei progetti è soltanto del 3%, mentre quella relativa all’esecuzione ottimale è ancora più ridotta: 36%.  Le motivazioni alla base dello scetticismo spaziano da incapacità degli italiani a portare a compimento progetti effettuabili fino all’incapacità da parte del governo dello stato di metterli effettivamente in pratica.Nel dettaglio, i nostri connazionali dibattano in merito le capacità del governo (43% tra gli elettori M5S e PD), comuni e sindaci nel portare a termine i progetti (13%). Ma non manca anche “l’accusa” di scarso coraggio verso la politica (secondo il 12% degli intervistati)  preoccupata soprattutto dalla perdita del consenso popolare a seguito di alcune riforme impopolari.

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Lavoro ibrido: più tempo libero uguale a più salute, anche mentale

Secondo una ricerca condotta da IWG il tempo risparmiato grazie alla riduzione del pendolarismo porta a molteplici benefici per la salute e il benessere di chi lavora: perdita di peso, migliori abitudini alimentari, migliore salute mentale e sonno più lungo. Di fatto, con il lavoro ibrido i lavoratori sono più sani perché hanno più tempo da dedicare a esercizio fisico, riposo e alimentazione corretta.
Oggi il lavoratore ibrido medio dedica all’esercizio fisico 4,7 ore la settimana rispetto alle 3,4 precedenti la pandemia. Le attività più comuni? Camminate, la corsa, ed esercizi per la resistenza. Quanto al sonno, il tempo in più trascorso a letto ogni mattina equivale a tre giorni (71 ore) di sonno in più all’anno.

Dieta più sana ed esercizio fisico: i risultati si vedono alla bilancia

Per il 70% degli intervistati lavorare in modalità ibrida permette di preparare una colazione sana ogni giorno, mentre il 54% ha più tempo da dedicare alla preparazione di pasti nutrienti durante la settimana. Inoltre, consumano più frutta (46%) e verdura fresca (44%), il 20% mangia più pesce e un quarto ha diminuito il consumo di dolci. Inoltre, grazie a più esercizio fisico, riposo migliore e alimentazione più sana il 27% degli intervistati dichiara di aver perso peso dall’inizio della pandemia. Due su cinque (42%) hanno perso tra i 5 e i 9,9 kg, mentre il 23% ha perso più di 10 kg. I principali fattori che hanno contribuito alla perdita di peso sono stati poter dedicare più tempo all’esercizio fisico (65%) e cucinare pasti sani (54%).

Più produttivi, ma meno stressati

Di fatto, il lavoro ibrido ha ridotto gli spostamenti, quindi ha portato a un risparmio di tempo, ma ha anche portato aumenti di produttività. Quasi quattro persone su cinque (79%) affermano di essere più produttive rispetto al periodo pre-pandemico, soprattutto grazie a minori livelli di stress (47%) e più tempo a disposizione per rilassarsi dopo il lavoro (46%). Secondo una ricerca di Nicholas Bloom, economista della Stanford Graduate School of Business, grazie al lavoro ibrido la produttività complessiva è aumentata del 3%-4%. E con una maggiore produttività al lavoro e più tempo libero i vantaggi sono sia per le aziende sia per il personale.

Le attività che migliorano il benessere

L’81% degli intervistati, riporta Ansa, dichiara di avere più tempo libero rispetto a prima del 2020, e la maggior parte lo impiega in attività che incrementano la salute e il benessere, come trascorrere più tempo con famiglia e amici (55%), fare esercizio fisico (52%) o una breve passeggiata durante la giornata (67%). Tutti fattori che hanno un effetto positivo anche sulla salute mentale. Non sorprende quindi che due terzi degli intervistati (66%) ritengano che la loro salute mentale sia migliorata. 

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Le automobili connesse? Ridurranno le emissioni di Co2 e il traffico

Uno studio commissionato da Qualcomm Europe Inc. e condotto dall’Università di Kaiserslautern-Landau ha dimostrato il potenziale delle applicazioni per veicoli connessi nel ridurre le emissioni di CO2 nel settore dei trasporti. Le applicazioni prese in considerazione includono quelle per l’ottimizzazione delle città, come i segnali stradali dinamici, gli incroci e l’instradamento. Queste opzioni mirano a ridurre le soste e la congestione, migliorando l’efficienza e i tempi di viaggio.

Basterebbe solo il 20% di veicoli connessi

Lo studio ha evidenziato che l’introduzione di appena il 20% di veicoli connessi sulle strade urbane dell’UE può far risparmiare fino al 18% delle emissioni di CO2. In alcuni Paesi dell’UE-27, come la Germania, il risparmio di emissioni può addirittura raggiungere il 24%. Questo potenziale rappresenta un progresso significativo verso gli obiettivi del Green Deal dell’UE, con cui la Commissione Europea mira a raggiungere una riduzione del 90% delle emissioni legate ai trasporti entro il 2050.
Lo studio ha utilizzato un nuovo approccio di simulazione, estrapolando i risultati di stime dettagliate del traffico su base cartografica in punti selezionati in tutte le città dei 27 Stati membri dell’UE. Si stima che le città dell’UE, con una popolazione che va da meno di 100.000 a più di 500.000 abitanti, possano raccogliere i benefici dei veicoli connessi e da questo mix di città trae conclusioni a livello europeo.

I vantaggi della connessione

I vantaggi dei veicoli connessi includono la riduzione delle emissioni e l’aumento dell’efficienza del traffico. Inoltre, si stima che i conducenti possano risparmiare fino a 15 ore di tempo di viaggio all’anno nelle ore di punta, con conseguenti livelli più elevati di produttività e comfort. Secondo Enrico Salvatori, Senior Vice President e Presidente di Qualcomm Europe/MEA, “i risultati di questo studio dimostrano come la tecnologia possa contribuire a ridurre le emissioni, rendendo il trasporto stradale più efficiente e sostenibile senza compromettere la sicurezza degli utenti della strada”.
Il professor Hans D. Schotten, RTPU, ha commentato: “Questo studio dimostra in modo impressionante il potenziale delle applicazioni di mobilità connessa per ridurre le emissioni nel settore dei trasporti. Abbiamo appreso che già semplici combinazioni di applicazioni di mobilità connessa e tassi realistici di penetrazione dei veicoli connessi consentono di ottenere riduzioni significative delle emissioni, senza dover scendere a compromessi con il comfort del conducente”.

Un’opportunità per gli obiettivi del Green Deal 

In sintesi, il potenziale dei veicoli connessi nel ridurre le emissioni legate ai trasporti rappresenta un’opportunità significativa per l’UE di raggiungere gli obiettivi del Green Deal. L’introduzione di applicazioni per veicoli connessi potrebbe inoltre ridurre le emissioni di CO2 e migliorare l’efficienza del traffico.

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Agricoltura 4.0: superati 2 miliardi di euro nel 2022

Nel 2022 in Italia il mercato dell’Agricoltura 4.0 ha raggiunto 2,1 miliardi di euro, crescendo del +31% rispetto al 2021. Il 65% del valore del mercato è composto da macchinari connessi e sistemi di monitoraggio/controllo di mezzi/attrezzature. In crescita (+15%) anche i sistemi di monitoraggio da remoto di coltivazioni, terreni e infrastrutture. Tra i fabbisogni maggiormente soddisfatti dalle soluzioni di Agricoltura 4.0 spiccano quelli legati all’efficienza, con la riduzione dell’impiego dei principali input produttivi. E sono soprattutto tracciabilità alimentare, produzione, logistica e controllo della qualità le aree dove le aziende stanno maggiormente innovando. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia.

L’evoluzione del mercato

Nel 2022 il mercato dell’Agricoltura 4.0 è cresciuto sensibilmente, così come la superficie coltivata con soluzioni 4.0, passata dal 6% del 2021 all’8% nel 2022. Una quota, tuttavia, ancora limitata, che evidenzia un ampio margine di evoluzione per il mercato. Da considerare infatti che una fetta rilevante degli investimenti del 2022 è stata effettuata da aziende agricole che hanno già esperienza in questo ambito, e che stanno proseguendo il proprio percorso di innovazione, andando ad acquisire nuove soluzioni o servizi, che agiscono però di fatto sulla stessa superficie coltivata.
Vi è quindi ancora un significativo potenziale associato alle aziende agricole che a oggi non hanno ancora approcciato l’Agricoltura 4.0.

Il digitale nell’industria agroalimentare italiana

Nel 2022 l’82% delle aziende della trasformazione ha utilizzato o sperimentato almeno una soluzione digitale, e quasi la metà ne ha implementate quattro o più in contemporanea, registrando un aumento del 30% rispetto al 2020. Oltre ai software gestionali aziendali, tra le soluzioni più utilizzate si trovano quelle basate su tecnologia cloud computing (58%), QR Code (56%), quelle abilitate da tecnologia mobile (45%), ERP e MES (37%) e soluzioni di advanced automation come robot e cobot (34%).
Proprio queste ultime, insieme al cloud, registrano crescite significative rispetto al 2020, evidenziando la necessità di impiegare soluzioni digitali per archiviare grandi quantità di informazioni e disporre di grandi risorse di calcolo.

Il digitale per la tracciabilità alimentare

La tendenza all’innovazione è confermata anche guardando all’offerta tecnologica: in Italia, il 75% delle soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare è abilitato da tecnologie innovative e il 17% di queste è proposto da startup, che in questo ambito offrono principalmente soluzioni basate su tecnologia Blockchain. I sistemi di tracciabilità alimentare consentono di valorizzare le caratteristiche del prodotto nei confronti del consumatore finale, soprattutto attraverso l’utilizzo di QR Code, e rendere più agevoli i rapporti e i processi di verifica e controllo con gli enti pubblici.

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Come migliorare l’esperienza lavorativa dei dipendenti?

Solo il 31% dei dipendenti considera la propria attuale esperienza lavorativa di ottima qualità. Di conseguenza, è essenziale che i datori di lavoro si attivino per coinvolgerli maggiormente instaurando con loro un rapporto di fiducia reciproca. È quanto emerge dall’International workforce and wellbeing mindset study condotto da Alight nel 2022.
“Per creare esperienze che soddisfino le mutate esigenze dei dipendenti le organizzazioni devono migliorare alcuni aspetti ormai diventati fondamentali, quali servizi, benefit e attenzione al benessere fisico e mentale – dichiara Silvia Maffucci, VP risorse umane Alight -, in modo che i lavoratori possano sentirsi realmente apprezzati e coinvolti”.

Offrire benefit iper-personalizzati

Alight suggerisce 5 consigli per valorizzare i talenti all’interno della propria organizzazione. Il primo è offrire soluzioni e benefit personalizzati. Con l’inclusione di talenti sempre più diversi e variegati tra loro, è necessario che i datori di lavoro si adoperino per essere in grado di offrire benefit atti a soddisfare le esigenze di un’ampia gamma di individui appartenenti a culture e modelli familiari diversi.  Un approccio unico potrebbe non funzionare per tutti, perciò un numero crescente di aziende sta abbracciando l’offerta di benefit iper-personalizzati, alimentati dall’AI e supportati da tecnologie e soluzioni di alto profilo.

Ascoltare, e prevenire il rischio di burn-out

Negli ultimi anni, grazie alla maggiore flessibilità lavorativa adottata da molte aziende, i dipendenti possono prendersi cura di sé e allo stesso tempo essere più produttivi. Ora è necessario dare ai propri dipendenti l’opportunità di usufruire di nuovi modelli come, ad esempio, la settimana lavorativa corta, o benefici, quali momenti da dedicare alla cura del proprio benessere fisico e mentale. Per limitare situazioni faticose dal punto di vista fisico ed emotivo, e costruire un ambiente di lavoro sereno, è fondamentale impegnarsi a sviluppare una cultura aziendale che supporti il benessere dei dipendenti. I manager devono essere formati per ridurre al minimo il rischio di burn-out adottando alcune strategie che mettano il dipendente nella condizione di dare il massimo senza sviluppare ansia da prestazione, ed evitando situazioni di disagio psicofisico.

Fornire strumenti accessibili e aiutare a crescere

L’adozione di strumenti digitali funzionali può rivelarsi un potente mezzo per trattenere e stimolare i propri talenti. In questo modo, viene data la possibilità alle risorse di accedere e gestire digitalmente tutte le attività in maniera veloce e sicura. Inoltre, la possibilità di affidare la pianificazione di alcuni incarichi alle tecnologie permetterebbe ai dipendenti di focalizzarsi sugli obiettivi da raggiungere.
Un’azienda non deve solo assicurarsi la capacità di attrarre e trattenere i talenti, ma deve anche essere in grado di incoraggiarli a maturare umanamente e professionalmente. Avvalersi degli adeguati strumenti di Talent Management può rivelarsi la scelta giusta per far sentire i propri dipendenti motivati e valorizzati. E un approccio ‘people first’ è un vantaggio che può fare la differenza.

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Le novità del DL Milleproroghe 2023

Con oltre 350 nuove scadenze il DL Milleproroghe 2023 si avvia a ricevere il voto di fiducia della Camera, pena la decadenza del provvedimento. Tra le novità in arrivo, lo stralcio mini-cartelle, prorogato al 31 marzo, termine ultimo per decidere se aderire o meno allo stralcio delle mini-cartelle 2000-2015 di importo fino a 1000 euro. Per il Cashback le norme estendono al 31 luglio 2023 la scadenza per comunicare Iban e dati finanziari corretti, o promuovere controversie, per i 43mila cittadini interessati dai rimborsi mediante PagoPa del premio per la partecipazione al concorso Cashback, introdotto dal governo Conte per contrastare l’evasione fiscale.

Dalla proroga balneari ai dehors

Approvata la proroga delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2024. In caso di impedimenti oggettivi all’espletamento delle gare le attuali concessioni resterebbero valide fino a tutto il 2025.
Via libera poi allo smart working fino al 30 giugno per lavoratori fragili e genitori con figli sotto i 14 anni del settore privato. Nel settore pubblico, invece, la possibilità del lavoro da casa vale solo per i ‘fragili’. Inoltre, estesa fino al 2025 la possibilità di ricorrere ai contratti di somministrazione anche oltre i 24 mesi previsti, ed estesa per tutto il 2023 anche la norma sui dehors liberi per bar e ristoranti.
Slitta invece al primo luglio 2024 l’attivazione della consulta dei tifosi nelle società sportive professionistiche.

Dai “mutui giovani” al bonus Imprese 4.0

Prorogata al 30 giugno 2023 la data entro la quale le giovani coppie con Isee fino a 40mila euro possono richiedere mutui agevolati per l’acquisto della prima casa, mentre il Fondo nuove competenze è prorogato fino al 31 dicembre 2023 per compensare il mancato guadagno delle imprese che optano per la formazione del personale. Prorogato inoltre a tutto il 2023 il fondo di solidarietà per il contributo ai proprietari di case occupate abusivamente, mentre viene prorogato al novembre 2023 il termine di consegna dei beni strumentali interessati dal bonus sugli investimenti in tech e digitale del piano Transizione 4.0.

Dalla ricetta elettronica ai Superbonus villette e diritti TV

Viene prorogato fino al 31 dicembre 2024 l’uso della ricetta elettronica nella sanità, e viene estesa fino a 72 anni, dai precedenti 70 anni, la possibilità di ritiro dal lavoro per medici di famiglia e pediatri convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Niente da fare invece per le norme più stringenti sulle plusvalenze fittizie delle società sportive e quelle per l’attribuzione a pensionati di incarichi apicali nella PA, che tuttavia potrebbe ricomparire nel nuovo DL sulla governance del PNRR.
Stop anche alla possibilità di proroga di ulteriori due anni delle concessioni dei diritti televisivi sportivi, e alla proroga del Superbonus 110% per le villette.

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