I consumatori italiani vogliono essere phygital

Secondo il 65% degli italiani, la maggior parte dei brand e dei retailer è ancora lontana dall’offrire un buon livello di soluzioni integrate tra canale fisico e online. I consumatori italiani, invece, cercano un’esperienza congiunta tra canale fisico e digitale. In pratica, sono sempre più phygital. Ad esempio, per quasi la metà degli italiani (47%) il bisogno di rassicurazione nella fase post-vendita viene infatti soddisfatta anche dall’online, che supplisce alla mancanza di ‘fisicità’ con regole chiare e codificate.
Il punto vendita fisico è invece nettamente preferito per fare la spesa alimentare. Gli aspetti più graditi? La possibilità di vedere e toccare con mano i prodotti, poterli avere subito, e poter interagire con il personale di vendita.

L’acquisto online attiva maggiormente le leve del desiderio

È quanto emerge da Gli italiani e le esperienze di acquisto Phygital, la ricerca di BVA Doxa in collaborazione con Salesforce Italia. I driver di scelta che spingono a fare spese in digitale sono la possibilità di avere prezzi migliori e offerte convenienti (61%), e la comodità di effettuare gli acquisti da casa (58%). Molto gradita anche la possibilità di orientarsi nella scelta leggendo recensioni e valutazioni di altri utenti (44%). L’acquisto online è in grado di attivare maggiormente le leve del desiderio e dell’immaginazione (45%), e solo il 7% ritiene che il canale fisico faccia viaggiare con l’immaginazione nella fase di scelta. Entrambi i canali sono in grado di far nascere il ‘colpo di fulmine’ per un prodotto, ma per il 33% il canale digitale rischia di deludere più facilmente le aspettative (9%).

Le soluzioni di acquisto integrate più richieste

La soluzione di acquisto integrata più richiesta è la possibilità di acquistare un prodotto online per poi scegliere la modalità di ritiro/consegna in negozio/a casa (97%). Tra le altre azioni phygital più gradite sono molto apprezzate la possibilità di guardare e confrontare i prodotti da casa (95%), e conoscere quali siano immediatamente disponibili nello store (90%). Ma se le soluzioni phygital incontrano il gradimento del 96% del campione esiste ancora una quota di consumatori che ritiene i negozi ancora non del tutto in grado di offrire questo tipo di servizi. Solo il 21% dichiara che i negozi hanno realizzato gran parte di queste soluzioni.

I comportamenti del customer journey

Quando si considera il customer journey la maggioranza degli italiani già oggi mette in atto comportamenti phygital per gli acquisti. La diffusione di questi comportamenti di acquisto integrati è più marcata per alcune categorie di prodotti: elettronica (52%), grandi e piccoli elettrodomestici (47%) e capi di abbigliamento (43%). Tra i vantaggi individuati nel muoversi in modo soddisfacente tra online e fisico, emergono la possibilità di avere un’esperienza d’acquisto più consapevole e informata (57%), un customer journey più comodo (57%), usufruire di una soluzione in grado di adattarsi alle proprie esigenze (54%), e una maggiore sicurezza negli acquisti (51%).

GenZ, Millennials e le elezioni 2022: come si sono espressi? 

Le analisi post-voto di Ipsos, effettuate dal team di Public Affairs dopo le elezioni politiche dello scorso 25 settembre, rivelano come ogni partito risulti più o meno attrattivo da specifiche categorie o fasce sociali. Emergono evidenti differenze di atteggiamento verso la politica tra i giovanissimi fino ai 26 anni (GenZ) e i giovani adulti tra i 27 e 41 anni (Millennials). Se tra i GenZ, ad esempio, FdI ha un consenso molto limitato, tra i Millennials questo si avvicina sensibilmente al dato medio nazionale. Millennials e GenZ premiano poi il M5S, sovrarappresentato di diversi punti per entrambe le generazioni, così come SI/Verdi, anche se molto più tra la GenZ.

I partiti e l’astensione

Al contrario, su partiti come Lega e IV/Azione il giudizio è opposto: la Lega (e in parte Forza Italia) è più votata rispetto alla media nazionale da Millennials e meno dalla GenZ, mentre il contrario è vero per il terzo polo. Un’altra costante poi è la scarsa attrattività del PD. Il livello di astensione tra la GenZ si colloca poco sotto alla media nazionale (35%), superiore solo a quella dei Boomers (30%). Significativamente più alta l’astensione di Millennials e GenX (45% e 40%). In generale, la GenZ ha una visione più ottimista e fiduciosa, mentre i Millennials sono molto più arrabbiati e percepiscono un sentimento di esclusione sociale, che si riversa sui livelli di interesse e partecipazione.

Due modi diversi di vivere la democrazia

L’atteggiamento più positivo e ottimista della GenZ per la democrazia si riflette anche sulla validità del progetto europeo (messa in discussione dal 36% dei GenZ, dal 46% dei Millennials e dal 47% della GenX) e sull’interesse per la politica (su una scala da 1 a 10, il voto medio è 5,9 per la GenZ e 4,8 per i Millennials). L’unico elemento che accomuna le due generazioni e le contrappone a Boomers (nati tra 1946-1964) e Silent (1928-1945) è il tema delle ‘nuove famiglie’: entrambe rifiutano nettamente l’idea che l’unica ‘vera’ famiglia sia quella ‘tradizionale’, un’idea invece maggioritaria nella popolazione più anziana.

Il confronto con le altre generazioni

Nel suo ottimismo, la GenZ assume un profilo di attitudini simile alle generazioni più anziane, in particolare nell’interesse verso la politica. Sono infatti GenZ, Boomers e Silent le generazioni dove questo dato raggiunge la sufficienza, mentre Millennials e GenX sono decisamente più in basso. Le fasce di età intermedie (tardi Millennials e GenX) sono le più propense all’astensione o al voto di protesta. Nel corso degli ultimi 20-30 anni si è assistito a un decadimento del dibattito pubblico e una trasformazione della politica da scontro di ideali/valori a un confronto privo di visioni e aspirazioni. La GenZ non ha vissuto questo decadimento, e rivela un minore attaccamento a partiti e ideologie.

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I giovani e i pagamenti digitali

Il 90% dei giovani, e l’85% nella fascia d’età compresa fra 18-30 anni, possiede una carta di debito, il 77% una prepagata e il 58% una carta di credito. Negli ultimi anni poi è arrivato il boom delle app di pagamento, conosciute dal 96%, e utilizzate da quasi due terzi (62%), contro il 56% di tutta la popolazione. Ma tra gli under 30 iniziano a farsi strada anche i mobile payment/wallet, noti al 93% e utilizzati dal 37%. A questi si aggiunge il Buy Now Pay Later, conosciuto dal 60% e preso in considerazione per gli acquisti futuri dal 46%. Insomma, le nuove forme di pagamento conquistano i giovani. È quanto emerge dall’Osservatorio Compass, condotto dalla società del credito al consumo del Gruppo Mediobanca.

Sicurezza, praticità, comodità le caratteristiche più apprezzate

Se si parla di acquisti in un punto vendita fisico, in cima alle preferenze ci sono le carte di debito/bancomat (56% dei giovani e 63% totale). Al secondo posto, resistono i contanti (29%), utili specialmente nelle ‘microtransazioni’, al terzo le carte prepagate (25%), poi le app di pagamento (19%) e il mobile payment (16%). Quando si tratta, invece, di acquisti online, 4 under 30 su 10 (42%) preferiscono le carte di debito/bancomat, seguite dalle app di pagamento (38% e 43% sul totale) e dalle carte prepagate (34%). Il motivo? Da un sistema di pagamento i giovani pretendono tre caratteristiche: sicurezza, praticità, comodità.

Il Buy Now Pay Later attira gli under 30

Si tratta di nuove forme di pagamento sempre più smart e tecnologiche. Il Buy Now Pay Later, ad esempio, viene utilizzato soprattutto per acquistare abbigliamento (22%), beni tecnologici (21%) e accessori (18%). Circa la metà degli under 30 vorrebbe provare questa forma di dilazione in futuro, perché la considera un aiuto nei momenti in cui si concentrano più spese, e la ritengono vantaggiosa perché la si può usare per gli acquisti online facendo tutto da remoto. Inoltre, riferisce Adnkronos, ne apprezzano la possibilità di poter godere immediatamente del prodotto pagandolo successivamente, concedendosi uno sfizio ma senza indebitarsi.

“La strada della digitalizzazione nei pagamenti è segnata”

“Strumenti sicuri, pratici, comodi, senza rischi né sorprese: è questo che i giovani vogliono da un sistema di pagamento. In questo senso va letto il successo delle carte di pagamento tra gli under 30. Ora, con app, wallet e mobile payment – ha commentato Luigi Pace, Direttore Centrale Marketing & Innovation Compass – la strada della digitalizzazione dei pagamenti è segnata. Il Buy Now Pay Later, che ancora in Italia ha tanto potenziale di crescita, si inserisce in questo contesto aggiungendo un ulteriore tassello: la possibilità di dividere in più importi mensili il costo di acquisto di un prodotto, e soprattutto di farlo in modo semplice e comodo, senza nessun costo accessorio per il cliente, sia online sia nei negozi fisici”. 

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I leader della supply chain puntano su intelligenza artificiale e automazione

I Chief Supply Chain Officer (Csco), ovvero i top manager che si occupano delle catene di approvvigionamento, stanno facendo i conti con una sfida significativa: affrontare tutte le difficoltà legate a una pandemia globale da Covid-19, all’inflazione, ai cambiamenti climatici e agli eventi geopolitici e al contempo organizzare, pianificare e gestire le loro catene di approvvigionamento a prova di futuro.
Uno studio dell’IBM Institute for Business Value (IBV), “Own Your Transformation”, condotto su 1.500 Csco e Chief Operating Officer (Coo), mette in luce che i manager stanno scommettendo sull’innovazione e sull’intelligenza artificiale per ottimizzare questi processi, reinventando le operazioni della filiera. I risultati chiave dello studio evidenziano che i Csco stanno adottando l’IA e tecnologie di automazione per fornire interconnettività con partner e fornitori e per consentire operazioni sostenibili e intelligenti. Quasi la metà (47%) dei Chief Supply Chin Officer intervistati ha affermato di aver introdotto nuove tecnologie di automazione negli ultimi due anni, un approccio che può aggiungere prevedibilità, flessibilità e intelligenza alle fasi della catena di approvvigionamento e di utilizzare l’intelligenza artificiale per monitorare le prestazioni. Il report ha anche rilevato che la sostenibilità è sia una sfida sia una leva verso il cambiamento.

Contrastare i fattori di stress

“Per combattere efficacemente i fattori di stress delle catene di approvvigionamento, come l’inflazione, è imperativo che i Csco si concentrino sull’utilizzo di analisi, intelligenza artificiale e processi di automazione per costruire supply chain intelligenti, resilienti e sostenibili”, afferma Jonathan Wright, IBM Consulting Global Managing Partner, Sustainability Services and Global Business Transformation. “Automazione e l’intelligenza artificiale possono consentire ai Csco e alle loro imprese di raccogliere dati, identificare i rischi, convalidare la documentazione e fornire audit trail, anche in periodi di forte inflazione, gestendo al contempo anche il consumo di carbonio, energia e acqua”.

Le priorità e chi le chiede

In base ai dati emersi dal rapporto si scopre inoltre che 1 Csco su 2 (il 52%) pone la sostenibilità in cima alla lista delle priorità di cambiamento per le quali l’infrastruttura tecnologica può fornire una spinta concreta. Il 50% dichiara che i propri investimenti in sostenibilità accelereranno la crescita aziendale. Gli stessi manager affermano poi che le maggiori pressioni verso la trasparenza e la sostenibilità provengono da: investitori (56%), membri del consiglio di amministrazione (50%) e clienti (50%). 

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I numeri del lavoro: è boom di dimissioni, ma i contratti in più sono un milione 

Nel suo rapporto dell’Osservatorio sul precariato l’Inps evidenzia un boom di dimissioni, ma anche un milione di contratti in più. I numeri del mercato del lavoro in Italia vanno letti con attenzione per superare l’apparente contraddizione di questi due trend opposti, ma che invece sono complementari. Nel primo semestre 2022 i flussi nel mercato del lavoro, tra assunzioni, trasformazioni, e cessazioni, hanno completato la ripresa dei livelli pre-pandemici, compromessi nel biennio 2020-2021 dalle chiusure e restrizioni dovute all’emergenza sanitaria. E segnalano incrementi rispetto al 2018-2019, sia nel numero di assunzioni e trasformazioni, sia in quello delle cessazioni. Analizzando le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato nel primo semestre dell’anno con riferimento alla causa di cessazione, il primo fattore da considerare è infatti l’effetto dell’uscita dalla pandemia.

Assunzioni e cessazioni

Nei primi sei mesi dell’anno, i datori di lavoro privati hanno effettuato 4.269.179 assunzioni e 3.322.373 cessazioni di contratto di lavoro, per un saldo positivo che supera i 946 mila contratti. Sempre nel primo semestre 2022, le dimissioni invece registrano un consistente incremento (+22% e +28% rispetto ai corrispondenti periodi 2021 e 2019). Il livello raggiunto di oltre 600.000 dimissioni sottende il completo recupero delle dimissioni mancate nel 2020, quando tutto il mercato del lavoro era stato investito dalla riduzione della mobilità, connessa alle conseguenze dell’emergenza sanitaria.

Dimissioni e licenziamenti

Se si considerano anche le interruzioni volontarie dei rapporti di lavoro a termine, le dimissioni diventano un milione, per un aumento del 31,73% rispetto allo stesso periodo del 2021.  I licenziamenti di natura economica e disciplinari, riferisce Adnkronos, registrano poi un forte aumento rispetto al primo semestre 2021 (rispettivamente +121% e +36%). Tuttavia il dato va messo in relazione alle deroghe normative varate con i decreti anti-Covid nel 2021. Per contestualizzare questa dinamica, occorre ricordare che fino al 30 giugno 2021 (per gran parte dell’industria) o fino al 31 ottobre 2021 (per il terziario e il resto dell’industria) i licenziamenti economici erano bloccati dalle normative specifiche introdotte nel 2020.

Licenziamenti economici e disciplinari

Per i licenziamenti economici, chiarisce l’Inps, il più pertinente confronto con il 2019 rileva però una contrazione, con circa 50.000 licenziamenti in meno sia rispetto al 2018 sia al 2019 (-21%). In continua crescita, invece, dopo la modesta flessione del 2020, risultano i licenziamenti disciplinari: nel primo semestre 2022 sono poco più di 60.000, circa un terzo in più rispetto al corrispondente semestre del 2019.

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Istat: secondo trimestre 2022 Pil a +4,7% tendenziale

Se la crescita congiunturale del Pil diffusa dall’Istat in stima preliminare il 29 luglio 2022 era risultata dell’1%, e quella tendenziale del 4,6%, secondo gli ultimi dati diffusi dell’Istituto nel secondo trimestre del 2022 il prodotto interno lordo, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, e corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dell’1,1% rispetto al trimestre precedente, e del 4,7% nei confronti del secondo trimestre del 2021.
Questo, considerando che il secondo trimestre del 2022 ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente, e una giornata lavorativa in meno rispetto al secondo trimestre del 2021. La variazione acquisita per il 2022 è quindi pari a +3,5%

Tutti i principali aggregati della domanda interna sono in ripresa

Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in ripresa, con un aumento dell’1,7% sia dei consumi finali nazionali sia degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono aumentate, rispettivamente, del +3,3% e del +2,5%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha fornito un contributo positivo di 1,6 punti percentuali alla crescita del Pil: +1,5 i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, +0,4 gli investimenti fissi lordi, mentre la spesa delle Amministrazioni Pubbliche ha dato un contributo negativo pari a -0,2%. La variazione delle scorte ha contribuito negativamente alla variazione del Pil per -0,3%, così come la domanda estera netta, il cui contributo è risultato pari a -0,2%.

Valore aggiunto di industria e servizi, andamenti congiunturali positivi 

Si registrano poi andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto di industria e servizi, pari rispettivamente all’1,4% e all’1%, mentre l’agricoltura registra una diminuzione del -1,1%. La stima completa dei conti economici trimestrali fa registrare nel secondo trimestre del 2022 una crescita del Pil dell’1,1% in termini congiunturali e del 4,7% in termini tendenziali. Si tratta di stime lievemente al rialzo rispetto alla stima preliminare dello scorso 29 luglio, quando il rilascio mostrava un aumento congiunturale dell’1% e tendenziale del 4,6%.

Tassi di crescita per investimenti e consumi finali nazionali

“Rispetto al trimestre precedente – commenta l’Istat -, tutti i principali aggregati della domanda interna sono risultati in ripresa, con tassi di crescita uguali per il totale degli investimenti e dei consumi finali nazionali (+1,7%), mentre la domanda estera netta ha contribuito negativamente alla crescita del Pil.
Dal punto di vista settoriale – continua l’Istituto -, si conferma rispetto alla stima preliminare una crescita del valore aggiunto dell’industria e dei servizi e una contrazione del valore aggiunto dell’agricoltura. In buona ripresa anche ore lavorate e unità di lavoro, come anche i redditi pro capite e le posizioni lavorative”.

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Per i saldi estivi a luglio il bilancio è negativo

Archiviato il mese di luglio, è tempo di un primo bilancio per l’andamento dei saldi estivi. Il primo luglio è infatti tornato l’appuntamento con i saldi estivi, ma quest’anno le previsioni oscillano tra l’ottimismo legato al ritorno della piena libertà di circolazione e del turismo nazionale e internazionale e le preoccupazioni per la crisi dei prezzi energetici e il peso dell’inflazione. Il bilancio quindi non è roseo, visto che Federazione Moda Italia-Confcommercio registra -10% a livello nazionale rispetto allo scorso anno, con il 54% degli operatori che registrato un calo, il 33% che parla di stabilità e solo il 13% registra un segno più. In ogni caso, secondo le stime dell’Ufficio Studi di Confcommercio, quest’anno per l’acquisto di capi scontati ogni famiglia spenderà in media 202 euro, pari a 88 euro pro capite, per un valore complessivo di 3,1 miliardi di euro.

“I risultati migliori sono quelli che arrivano dallo shopping tourism”

“Dai dati si comprende come sia importante il connubio tra moda e turismo. I risultati migliori sono quelli che arrivano dallo shopping tourism, mentre sul mercato interno la perdita media è a doppia cifra – commenta il presidente Giulio Felloni -. Da questi dati si comprende quanto mai sia necessario e urgente concretizzare quanto abbiamo chiesto, in perfetta sintonia con Confcommercio: la riduzione del cuneo fiscale e dei costi energetici. Sarebbe oltremodo determinante l’intervento del governo sui temi avanzati al Tavolo della Moda sulla riduzione dell’Iva per abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile casa ed articoli sportivi, uno degli elementi essenziali per il rilancio dei consumi prima che sia veramente troppo tardi”.

Il “manuale” dei saldi

Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, Federazione Moda Italia e Confcommercio ricordano alcuni principi base sui saldi. Ad esempio, la possibilità di cambiare il capo dopo l’acquisto è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme. In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo, e nel caso risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.

Prova dei capi: non c’è obbligo

La prova dei capi è invece rimessa alla discrezionalità del negoziante, e quanto ai pagamenti, le carte di credito devono essere sempre accettate da parte del negoziante. Per l’indicazione del prezzo, è obbligo del negoziante indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale.
I capi che vengono proposti in saldo devono poi avere carattere stagionale o di moda, ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. Ma modifiche o adattamenti sartoriali sono a carico del cliente, salvo diversa pattuizione.

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Auto: il futuro è di lusso, elettrico e smart 

Entro il 2023 il mercato delle auto dagli 80.000 ai 150.000 dollari crescerà dell’8%, quelle fino a 300.000 dollari del 10% e le super lussuose da 500.000 dollari del 14%. Per la prima volta berline e macchine sportive avranno meno appeal, e se il mercato delle auto di medio livello ristagna, quello delle vetture di lusso continuerà ad aumentare, ma cambiando pelle. I più facoltosi ora puntano ad auto che non inquinano, scegliendole elettriche ma anche comode. Così anche i classici brand automobilistici emblema del lusso stanno diversificando le produzioni, con nuovi modelli meno iconici ma più moderni.

Arrivano i nuovi modelli SUV

Oggi circa il 50% degli acquirenti di auto premium e di lusso preferisce i SUV, e i produttori sono impegnati a presentare i nuovi modelli in risposta a questa domanda. Un cambiamento fotografato dal nuovo report McKinsey, secondo il quale queste automobili ibride, le cosiddette ‘utilitarie sportive-fuoristrada’ (cioè i SUV, Sport Utility Vehicle), con elevate prestazioni e finiture lussuose saranno in cima ai desideri dei Paperoni di tutto il mondo, cinesi in testa, seguiti da asiatici e americani.
Anche i gusti dei nababbi europei seguiranno lo stesso trend, ma con maggiore occhio al design, e servizi di assistenza tailor made pre e post-vendita di alto livello, online e dal vivo.

Artigianato di altissimo livello e qualità potenti fattori di acquisto in Europa

Se le vendite di nuovi SUV (da 150.000 a 500.000 dollari) raddoppieranno lo slancio maggiore lo avranno le macchine extra lusso in versione ibrida-fuoristrada (minimo 500.000 dollari): già nel 2021 ne sono state immesse sul mercato 16 nuovi modelli. I SUV elettrificati domineranno il mercato dei prossimi anni, e il 70% di chi possiede una macchina di alta e altissima gamma a combustione interna passerà all’elettrica. Fra i trend dei prossimi dieci anni, anche l’aumento di sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS) e connettività intelligente, sistemi che aumenteranno i profitti di oltre il 7% entro il 2026. Ma se i cinesi sono i più interessati alla tecnologia, i ricchi europei e americani continueranno ad amare anche elementi tradizionali, come l’artigianato di altissimo livello e la qualità, che resteranno potenti fattori di acquisto,

Il numero di super ricchi continua a crescere

Le ragioni dell’incremento previsto per le vendite di auto di altissima gamma, riporta Ansa, dipendono dal fatto che il numero di super ricchi continua a crescere.
“Con più milionari e miliardari sparsi per il mondo la scelta di auto costosissime non riguarda più solo i nababbi americani o europei ma gli asiatici e quelli dei paesi medio orientali, Cina in testa – spiegano gli autori della ricerca -. Nella fascia di prezzo superiore a 80.000 dollari prevediamo che la Cina sarà il mercato in più rapida crescita per le auto di lusso entro il 2031, con una crescita annuale del 14%, aumentando così la sua quota globale nel segmento dal 24% nel 2021 a circa il 35% alla fine del decennio”.

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Dove trovo le ricette per i piatti migliori? Su Internet!

La cucina è una vera e propria passione per un numero crescente di italiani. Se da sempre quello fra i nostri connazionali e la buona tavola è un rapporto d’amore, negli ultimi due anni – complice anche il covid – il numero degli aspiranti chef è cresciuto ulteriormente. Così, tra pentole e fornelli, gli italiani amano passare il loro tempo libero, e non solo. Ma dove si possono reperire le ricette per preparare le migliori bontà? E quali sono i piatti maggiormente ricercati? Le risposte, in entrambi i casi, arrivano dalla rete.

Il 95% dei “cuochi” si informa online

Per cercare le ricette preferite o ispirarsi, il 95% degli utenti ricorre almeno ad una fonte online, mentre il 67% utilizza almeno un social media per trarre nuove idee. Non sorprende che a guidare le ricerche ci sia Google: lo preferisce il 56% degli italiani. Tra i social media, emerge Youtube, scelto dal 46% degli utenti alla ricerca di ricette. Lo studio, condotto dall’Osservatorio Nestlé, suddivide le statistiche anche per fascia d’età. Ad esempio, si scopre che i 18-24enni (58%) e i 25-34enni (49%) si affidano soprattutto ad Instagram, mentre la fascia 35-44 anni (58%) attinge in particolare dai siti web o dai blog di appassionati di cucina. I più “grandicelli”, quelli della fascia 45-54 anni (43%), preferiscono i tutorial su Youtube e gli over 55 (53%) scelgono i ricettari di famiglia. Prima dell’avvento dei social network il 62% prendeva spunto principalmente dai libri di cucina e il 52% dai ricettari di famiglia. Il 46% cercava direttamente la ricetta attraverso Internet, il 35% attraverso trasmissioni televisive dedicate e il 34% si affidava alle ricette lette sui giornali.

Le ricette più ricercate

Dopo aver scoperto chi e come cerca dritte sulla cucina on line, è interessante scoprire cosa si cerca. Ovvero, quali sono i piatti e le preparazioni prediletti e più googlati. Secondo i dati di Google Trends, le ricette più cercate su internet sono le più semplici. Al primo posto, troviamo la più amata in Italia, ovvero la pasta: in particolare, sono ricercate ricette come la pasta alla boscaiola, con i peperoni e la classica pasta e fagioli. Troviamo poi la torta di pere, i pancake, le crepes e, infine, un altro classico, la pizza. In aumento, invece, nuove tendenze come il poke ed il porridge, ma anche ricette fresche come l’insalata di riso. Infine, gli italiani non rinunciano a prepararsi qualche buon cocktail a casa: i preferiti sono il Sex on the beach ed il Gin Tonic.

Nel 2021 il 10,3% dell’elettricità mondiale generato da sole e vento 

“È iniziato il processo che rimodellerà il sistema energetico esistente – commenta il responsabile globale di Ember, think tank che si occupa di clima ed energia -. Anche se le emissioni e il carbone hanno raggiunto un altro massimo storico, ci sono chiari segnali che la transizione elettrica globale è ben avviata. Più che mai elettricità eolica e solare viene aggiunta alle reti. E non solo in pochi Paesi, ma in tutto il mondo”.
Dal Global Electricity Review annuale pubblicato da Ember emerge infatti che nel 2021 sono stati 50 i Paesi che hanno superato la soglia del 10% di produzione elettrica da solare ed eolico. E l’energia eolica e solare nel 2021 ha registrato un record, con una produzione del 10,3% dell’elettricità a livello mondiale.

Aumenta anche il tasso di crescita: +23% solare e +14% eolica

Insomma, per la prima volta l’energia solare ed eolica, insieme, hanno superato la soglia di un decimo della produzione globale elettrica, raggiungendo il 10,3% dal 9,3% del 2020. Anche il tasso di crescita è aumentato: del 23% in più per la produzione solare e 14% per l’eolica. Quella solare è stata la fonte di produzione di elettricità in più rapida crescita per il diciassettesimo anno consecutivo.
Nel 2021 è stato inoltre calcolato un aumento di 1.414 TWh della domanda di elettricità rispetto al 2020. Una crescita equivalente all’aggiunta di un’intera India sulla domanda globale di elettricità, ed è stata la più rapida dal 2010. 

Cresce la richiesta di elettricità

Questo enorme aumento di elettricità richiesta è stato coperto per un terzo dalle fonti eolica e solare, mentre la rimanente quota da combustibili fossili. Nel 2021 infatti anche l’elettricità da carbone è aumentata per poter rispondere alla domanda elettrica senza precedenti. Ma tutte le fonti di elettricità pulita hanno generato in totale il 38% dell’elettricità mondiale nel 2021, più del carbone (36%). Per mantenere la retta via, contenendo il riscaldamento globale entro 1,5 gradi, l’eolico e il solare dovranno sostenere alti tassi di crescita da almeno 20% ogni anno fino al 2030. Ma con la situazione di crisi in Ucraina, il prezzo del carbone ancora in aumento così come la domanda di elettricità, tutti i governi sono messi a dura prova. Tutti devono agire con coraggio e ambizione per fare di più.

Un’offerta sostenibile arriva dal centro dell’Europa

Dal centro dell’Europa arriva un’offerta sostenibile, da un punto di vista economico ed ecologico. Si chiama Contracting fotovoltaico, ed è il concetto sviluppato dal gruppo aziendale Sun Contracting.
Si tratta di permettere una facile espansione europea di impianti fotovoltaici, riporta Internazionale, senza lasciare i pesanti costi di investimento e mantenimento sulle spalle di proprietari di tetti e terreni adatti. Anzi, permettendo loro di guadagnare un profitto economico, nel rispetto dell’ambiente e sulla strada degli obiettivi climatici.

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